Con la cultura non si mangia? Una frase che ancora oggi serve a colpire la libertà di espressione. E quindi la libertà

C’è quella frase famosa, “Con la cultura non si mangia”, diventata famosa perché uscita dalla bocca di una delle persone cui avevamo, sulla base della democrazia rappresentativa, dato la delega per governare nel nome del popolo.

Chi governa nel nome del popolo deve farlo tenendo conto di quelli che sono i bisogni e i diritti dei cittadini che sono governati (e che, in teoria, governano indirettamente attraverso il loro voto). Ora, quella frase, che anche se non è più un tormentone come lo fu all’inizio, la vediamo sottintesa, e la leggiamo tra le righe, in ogni smagliatura della nostra società, è non soltanto offensiva verso chi fa della cultura una ragione di vita e un modo di sostentamento. Ma è anche pericolosamente lesiva dei nostri bisogni e dei nostri diritti: dal momento che la cultura è uno strumento fondamentale, a disposizione del l’essere umano, per accrescere la propria personalità. Per formarsi. Per diventare migliore ed essere più libero. Solo grazie alla cultura, all’uso della nostra intelligenza, che dev’essere adeguatamente stimolata e allenata, che possiamo essere più liberi, riuscendo ad avere una visione critica della realtà.

Quindi, sminuire la cultura e retrocederla ad un livello inferiore significa privarci di un diritto. Forse è anche peggio. Sminuire la cultura e negarla ai cittadini potrebbe essere un modo per evitare che la gente pensi troppo e, quindi, sia maggiormente influenzabile e malleabile.

Per questo bisogna difendere la cultura e il diritto a far cultura fino in fondo. Perché il giorno in cui ci negheranno la possibilità di esprimere la nostra sfera artistica sarà il giorno in cui verranno meno i diritti nella nostra società. Abbiamo tanti esempi, nel passato, delle politiche di regimi totalitari. Esempi lontani. Facciamo in modo che restino lontani.