La Corte di Cassazione ha confermato nelle ultime ore la richiesta di misura agli arresti domiciliari, già accolta dal Tribunale del Riesame di Milano, per l’ex primario del Pronto Soccorso di Saronno, , accusato di favoreggiamento e omissione di denuncia nell’ambito della maxi inchiesta sulle morti sospette in corsia, che lo scorso novembre ha portato all’arresto del viceprimario del pronto soccorso di Saronno e della sua amante e infermiera .
Già nelle prossime ore il provvedimento per Scoppetta diventerà immediatamente esecutivo. La Procura di Busto Arsizio aveva chiesto l’arresto di Scoppetta contestualmente a quelli dei due principali indagati, richiesta che non era stata accolta dal Gip del Tribunale di Busto Arsizio. Il ricorso in Cassazione era stato presentato dall’avvocato , difensore di Scoppetta. Contattato telefonicamente, in tarda mattinata, il legale milanese non è entrato nel merito della faccenda in attesa di ricevere novità dalla Cassazione: «Al momento – ha spiegato – così dicono i giornalisti, io non ho ancora notizie».
Potrebbe aver avuto un ruolo decisivo la relazione del 13 maggio 2013, da lui firmata. Un documento che di fatto avvallava, al termine dei lavori svolti dalla commissione, istituita per dare una risposta agli infermieri preoccupati per il trattamento farmacologico cui erano stati sottoposti alcuni pazienti del pronto soccorso, l’attività di Cazzaniga. In particolare sotto la lente di ingrandimento della commissione erano finiti 8 casi, tra i quali quelli molto sospetti di e . Si tratta dei quattro decessi per i quali la pubblica accusa avrebbe la certezza assoluta di un nesso tra il trattamento somministrato da Cazzaniga e la morte dei pazienti.
A conclusione dei lavori, nelle singole relazioni, e soprattutto nella relazione i componenti della Commissione, tra i quali Nicola Scoppetta avrebbero omesso di «rilevare gli elevatissimi sovradosaggi di farmaci somministrati ai pazienti Isgrò, Lattuada, Lauria e Vergani da parte di Leonardo Cazzaniga e l’elevata probabilità dell’esistenza di un nesso di causalità tra la somministrazione di tali farmaci e la morte dei pazienti».