Conoscere l’odio Per poterlo battere

Nei giorni scorsi, mentre noi cervelloni dell’informazione sbrodolavamo su notizie che continuiamo a spacciare come fondamentali – la truffaldina riforma del finanziamento dei partiti, il grottesco dibattito sulla legge elettorale che tanto si sa già che rimarrà sempre la stessa, i patetici contorcimenti dei grillini che dovevano cambiare il mondo e guarda un po’ come si sono ridotti, la millesima puntata sulle orge di Arcore nelle quali la nostra morbosità sguazza come un topolino nel formaggio coi buchi – abbiamo fatto passare sotto silenzio uno strepitoso esperimento di Radio24.

Gianluca Nicoletti, talentuoso conduttore di “Melog”, trasmissione del mattino un po’ snob ma di rara intelligenza, ha chiesto ai propri ascoltatori cosa avrebbero fatto se avessero avuto la licenza di uccidere le persone che più odiano e che ritengono indegne di vivere. Insomma, come avrebbero voluto che morissero i loro nemici. È stato un massacro. Decine di italiani normalissimi e particolarmente a modo hanno spiegato come avrebbe eliminato, tra sofferenze degne delle peggiori torture medievali, padri assenti, mariti traditori, ex amanti, datori di lavoro, vicini di casa, sconosciuti al volante rei di una qualche smargiassata in tangenziale.

C’era chi desiderava uccidere il padre per averla abbandonata quando aveva sei anni mostrandogli però un attimo prima le foto dei loro momenti più felici, chi avrebbe voluto vedere il filmato con la testa mozzata della donna che le aveva rubato il papà quando era ancora piccola, la figlia che ogni giorno domandava a Dio, per gli stessi motivi, perché suo padre non morisse, l’impiegato che voleva impalare in piazza il suo ex datore di lavoro dopo avergli fatto scrivere una lettera di scuse a tutti quelli che aveva licenziato, chi voleva dilaniare i giudici che avevano condannato fratello e cognata, poi assolti ma morti nel frattempo di crepacuore, chi infine avrebbe voluto spaccare ad una ad una tutte le ossa del socio in affari che lo aveva truffato arricchendosi alle sue spalle.

Fermiamoci qui. È stata un’ora terribile. Unica. Pedagogica. Un campionario di violenza inaudita, desiderata e repressa – per fortuna – in una dimensione solo verbale che spalanca però davanti ai nostri occhi una realtà psicologica che molto spesso fatichiamo a comprendere, anche perché vive in una dimensione tutta sotterranea, subliminale ma che nel contempo si irradia nelle menti e nei cuori di tante persone (tutte?) e con la quale è obbligatorio fare i conti. Altrimenti i conti non tornano. Evitando però l’errore del sociologismo e della motivazione “storica” che inserisce questa carica di odio animalesco all’interno della situazione di crisi economica e morale che ha travolto il nostro paese in particolare in questi ultimi due anni.

È lì che la trasmissione di Nicoletti ha preso una piega impropria: il degrado politico e l’insicurezza economica genererebbero un carico così abnorme di infelicità da far scatenare la parte belluina degli individui, non più tenuta a bada dalle regole della convivenza civile e dall’affrancamento dai bisogni materiali. Se la società perde il controllo, diventiamo tutti quanti belve feroci. Questa la morale della faccenda.

Analisi affascinante, ma sbagliata. Perché è un’analisi parziale. Così come lo era quella sviluppata in “Un borghese piccolo piccolo” che, pur essendo un capolavoro di con un Alberto Sordi mai così tragico, dava una lettura molto “politica” del degrado umano del padre che rapisce e tortura l’assassino del figlio: quella voleva essere la metafora del fallimento culturale del nostro ceto medio e l’autobiografia di una nazione allo sfascio.

In questo senso, appare più universale la lettura dell’ira veterotestamentaria realizzata da Peckinpah in “Cane di paglia”, altro capolavoro che dimostra come non esistano puri assoluti e assoluti indifesi e che nella rivolta bestiale del mitissimo Dustin Hoffman si ponga il dubbio che la nostra società sia ancora, per quanto silenziosamente, governata da leggi vitalistiche e tribali.

La crisi morale non c’entra niente. Così come la recessione economica, lo sfascio della politica o la paura del domani. L’esperimento di “Melog” serve invece a dimostrare una volta di più quanto l’uomo sia un mistero assoluto e un enorme abisso di pulsioni e contraddizioni, di sentimenti angelici e demoniaci e che – questa la cosa più sconvolgente – tutto quanto stia dentro lì, in quel cuore vuoto e pieno di spazzatura di cui parlava con furore Pascal che però, , ci ha lasciato nei suoi “Pensieri” anche parole di speranza infinita sulla scommessa della fede. Che c’entrano le miserie dell’italietta di serie C con i drammi della nostra esistenza? Forse che la carrierista e rampantissima Italia degli anni Ottanta non ha prodotto i Pietro Maso e quella placida e burrosa di inizio secolo non ci ha regalato Cogne, Novi Ligure e la povera Suor Maria Laura Mainetti?

L’uomo è un grande enigma, questa è la verità, di cui nessuno – neppure lui – conosce le chiavi di lettura. Pensateci un attimo: a chiunque di noi è capitato di odiare un’altra persona e di sperare di vederla morta, spesso a torto e spesso per motivi futilissimi – piccole carriere in ufficio, meschine rivalse familiari, micragnosi orgoglietti da omuncoli permalosi – e al contempo a chiunque di noi è capitato di commuoversi per una pioggia nel pineto, osservando una vecchina che trascina le spesa verso casa o un bimbo in fasce che non sa ancora quanti dolori e delusioni e piaghe e tradimenti lo aspettano sui sentieri del mondo, popolati da anime tormentate e da demoni. Tutti lo hanno provato. Tutti hanno provato tutto, il meglio e il peggio. Pur rimanendo sempre la stessa identica persona.

L’odio, la voglia di distruggere, di annientare, di uccidere addirittura è un sentimento potentissimo, forse anche più dell’amore. Conoscerlo e averne paura è il primo passo per sconfiggerlo.

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Diego Minonzio

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