Aumentano del 3,6% in un anno i lavoratori frontalieri in Canton Ticino; un dato rilevato dall’Ufficio Federale di Statistica nei giorni della grande polemica politica dopo la decisione elvetica di chiudere il valico di Cremenaga. «I dati fotografano un bisogno ancora crescente da parte della Svizzera della presenza dei tanti frontalieri che operano oltreconfine – commenta il presidente del consiglio regionale – una presenza che cresce e che va a coprire settori strategici per l’economia complessiva del territorio».
L’aumento del 3,6% di frontalieri italiani nel Canton Ticino è riferito al primo trimestre del 2017 , rispetto alla stesso periodo del 2016; l’aumento è dello 0,5% se si considera il quarto trimestre dell’anno scorso.
«L’incremento del numero di frontalieri impiegati in Ticino conferma l’importanza di questa categoria, al di là di qualsiasi politica di discriminazione proposta o applicata oltre confine» commenta , segretario provinciale del Pd. Che dice no a qualsiasi forma di chiusura nei confronti dei nostri lavoratori. Sostenere i frontalieri è doveroso da parte delle istituzioni. «È a maggiore ragione fondamentale l’intervento delle istituzioni non solo a parole, ma con i fatti concreti, come il prezioso lavoro di rapporto e confronto che il Consiglio regionale ha avviato e sta tenendo da alcuni anni con le autorità svizzere al fine di tutelare i diritti dei lavoratori lombardi, affrontando le criticità con politiche responsabili e fattive» conclude Cattaneo.
I lavoratori italiani sono indispensabili per l’economia ticinese; «le imprese ticinesi continuano a fare affidamento sulla competenza sulla professionalità dei frontalieri» aggiunge Astuti.
Eppure, bastoni tra le ruote ai lavoratori italiani sono sempre stati messi, dal casellario giudiziario ad altre imposizioni burocratiche; nonostante ciò, il numero di frontalieri è in aumento per un totale di 64.670, di cui circa 25 mila residenti nel varesotto.
«I frontalieri rappresentano il motore dell’economia del Cantone – afferma Astuti – un rapporto di reciproco scambio che resiste anche ad alcuni interventi mirati a cambiare gli equilibri in gioco; questa è la riprova che le politiche di chiusura servono a ben poco; la voglia di sviluppo dei nostri territori è più forte di interventi di basso cabotaggio che non tengono conto della realtà in cui ci troviamo» conclude il segretario del Pd.