Parigi, 15 ott. (TMNews) – Mentre il quadro dell’economia
continua a peggiorare a livello globale, con una tendenza che
ormai non risparmia nemmeno i giganti emergenti, il G20 delle
guarda con qualche speranza alle misure anti crisi che l’Europa sta approntando, ma al tempo stesso sprona i paesi dell’area euro a potenziare il fondo salva Stati. Perché la tensione che era partita dai debiti della piccola Grecia ha finito per contagiare diversi paesi dell’area euro, e ora, combinandosi al rallentamento della crescita in altre aree, come gli Usa, rischia di assetare un pesantissimo colpo alla ripresa mondiale.
L’economia planetaria sta risentendo di “accresciute tensioni” e di “rilevanti rischi di rallentamento”, hanno avvertito ministri delle Finanze e banchieri centrali del G20, al termine di un vertice a Parigi che serviva a preparare il summit tra capi di Stato e di governo che si terrà il 3 e 4 novembre a Cannes. Una riunione che si è svolta mentre in tutto il mondo il movimento degli “indignados” manifestava la sua protesta contro la leadership economica. Intanto anche la direttrice del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, istituzione solitamente prudente, ha messo in guardia dal peggioramento che si è evidenziato nelle ultime settimane. L’insieme dei rischi sull’economia si è fatto “più cupo”, ha detto, tanto che ormai sta anche “toccando anche i paesi emergenti”.
La situazione richiede misure “risolute”, affermano dal G20 delle Finanze, in modo da ripristinare i livelli di fiducia, la stabilità finanziaria e la crescita economica. Per questo sono stati “accolti positivamente” i rafforzamenti dei meccanismi anti crisi dell’area euro, appena ratificati da tutti i paesi dell’Unione monetaria. Ma al tempo stesso i partner globali hanno espresso un pressante auspicio affinché venga potenziato il fondo salva Stati, lo European Financial Stability Facility (Efsf). Da settimane si discute della possibilità di praticare questa strada facendo ricorso alla leva finanziaria.
Ad ogni modo la palla passa di nuovo ai paesi Ue, che questa settimana saranno impegnati in una girandola di vertici. Nei giorni scorsi, a seguito di una bilaterale Francia-Germania a Berlino tra il presidente Nicolas Sarkozy e la cancelliera Angela Merkel – che a Parigi ha avuto una ulteriore edizione tra i ministri delle finanze Francois Baroin e Wolfgang Schaeuble – era stato deciso di rinviare il consiglio tra leader europei di ottobre a domenica 23. In aggiunta a questo è stato appena deciso di convocare una riunione straordinaria tra ministri economici dell’area euro venerdì 21 (l’Eurogruppo) cui seguirà un Consiglio allargato a tutta l’Ue a 27 il sabato 22.
Francia e Germania sembrano nuovamente orientate a concordare prima tra loro una linea comune da usare come riferimento per gli altri. Baroin ha parlato di passi in avanti, anche sul temuto aumento del taglio (haircut) sul pagamento effettivo dei titoli di Stato della Grecia. Un colpo di scure che mette in allarme le banche e la stessa Bce. Sempre secondo Baroin il verdetto verrà comunque dal summit dei leader di domenica.
Intanto il G20 ha riaffermato un pieno appoggio alle riforme che il Financial Stability Board – l’ente internazionale presieduto da Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia – sta per completare per sottoporle al summit tra capi di Stato e di governo di Cannes. Avanti quindi con la “creazione di una rete di regole ampia volta a ridurre i rischi posti dalle Sifis”, l’acronimo inglese delle istituzioni o banche di rilevanza sistemica. E avanti anche a regole su mercati dei prodotti derivati, Otc e sui criteri della revisione contabile.
Invece è stata affidata ad una formula diplomatica la diatriba che apparentemente si era aperta al summit di Parigi sul nodo delle risorse a disposizione del fondo monetario internazionale per contrastare la crisi finanziaria. I paesi si impegnano genericamente a garantire che abbia a disposizione “risorse adeguate”. Diversi paesi emergenti si erano detti disponibili ad aumentare i loro conferimenti al Fmi in modo da consentirgli di intervenire in modo più energico a sostegno dell’area euro.
Questo tuttavia avrebbe potuto da un lato spingere verso un rafforzamento del loro peso nello stesso Fmi, dall’altro attenuare le pressioni sull’area euro in una fase critica. Usa, Germania, Giappone e altri paesi avanzati avevano affermato che le dotazioni del Fmi erano adeguate. Indirettamente Baroin ha ammesso che vi sono divisioni su questo tema, in particolare tra “un grande paese” avanzato e gli Stati emergenti.
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