Crisi Beko: il futuro degli stabilimenti in bilico, sindacati in pressing sul Governo

Cassinetta di Biandronno e Siena tra incertezze e trattative: si cerca una via per salvare i posti di lavoro

La crisi della Beko si fa sempre più intricata e il futuro dei suoi stabilimenti, in particolare quello di Cassinetta di Biandronno, resta avvolto nell’incertezza. Nella mattinata di venerdì 14 marzo, si è svolto un nuovo incontro al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ma la distanza tra le parti resta ampia. L’azienda ha affidato alla società Sernet l’incarico di trovare un investitore per lo stabilimento di Siena, mentre sul sito varesino il destino produttivo è ancora tutto da definire.

I sindacati Fim, Fiom, Uilm e Uglm si mostrano preoccupati e chiedono un intervento diretto del Governo, affinché si delinei un piano di salvataggio che non si limiti alla ricerca di investitori, ma garantisca la continuità occupazionale e un progetto di rilancio concreto. Anche se per il momento l’Esecutivo non ha ipotizzato l’acquisizione diretta degli stabilimenti, i rappresentanti dei lavoratori vedono qualche segnale di apertura a un possibile intervento istituzionale più incisivo.

Cassinetta di Biandronno: quale futuro per il sito varesino?

Mentre il destino dello stabilimento di Siena sembra legato alla ricerca di un nuovo investitore, su Cassinetta di Biandronno il quadro è ancora più nebuloso.

L’azienda ha dichiarato di voler mantenere l’attuale assetto produttivo nel settore della refrigerazione, ma non ha escluso che in futuro possano verificarsi sovrapposizioni tra le varie gamme del gruppo, il che potrebbe compromettere la stabilità occupazionale.

Sul fronte della cottura, invece, è in fase di studio un nuovo prodotto, ma i sindacati restano scettici: non è ancora chiaro se questa innovazione sarà sufficiente a garantire i posti di lavoro attuali o se, al contrario, potrebbe essere accompagnata da una riduzione del personale.

Il nodo occupazionale: i sindacati chiedono garanzie

Uno degli aspetti più critici della trattativa riguarda gli esuberi. Sul fronte degli impiegati, l’azienda ha recuperato appena venti postazioni, riducendo il numero di esuberi da 295 a 275, una cifra che i sindacati ritengono ancora troppo elevata. Ancora più delicata la situazione della ricerca e sviluppo, dove non si sono registrati passi in avanti significativi, con il rischio di un impoverimento strutturale delle competenze e delle capacità innovative dell’azienda.

Per evitare licenziamenti di massa, i sindacati hanno presentato un piano di tutela occupazionale che prevede l’utilizzo di ammortizzatori sociali conservativi per garantire la continuità salariale ai lavoratori in esubero, oltre a soluzioni volontarie come la riduzione dell’orario di lavoro attraverso il part-time e incentivi all’uscita per chi è vicino alla pensione. Un altro punto centrale della proposta riguarda l’introduzione di strumenti per la ricollocazione dei dipendenti, attraverso percorsi di formazione e riconversione professionale. L’azienda si è mostrata disponibile a discutere queste opzioni, ma resta da capire come e quando potrebbero essere applicate in modo concreto.

Prossimi passi e incertezze della trattativa

Il percorso negoziale appare ancora lungo e irto di ostacoli. Secondo i sindacati, affinché si possa arrivare a una soluzione realmente efficace, è necessario chiarire gli assetti produttivi futuri per evitare che Siena diventi una priorità assoluta a scapito di Cassinetta. È fondamentale definire un piano credibile di reindustrializzazione che garantisca investimenti e innovazione, ridurre il numero di esuberi sia tra gli operai che tra gli impiegati e trovare strumenti concreti di tutela per i lavoratori coinvolti.

La prossima tappa della trattativa è fissata per il 25 marzo, data in cui si attendono risposte decisive. Per ora, però, l’incertezza resta la costante principale e il rischio di licenziamenti, senza interventi strutturali, è ancora ben presente.