Da Beethoven al romanticismo fino all’Europa. Folla di gente stregata da Philippe Daverio

Venerdì alla festa dei 20 anni di Unitre di Sesto Calende, tutto il pubblico pendeva dalle labbra del critico d’arte

L’arte oratoria di Philippe Daverio incanta il pubblico dell’Unitre di Sesto Calende. Sala affollatissima venerdì per l’illustre ospite, invitato dal presidente dell’ateneo Davide Frezzato per festeggiare i vent’anni di attività dell’istituzione. Daverio non ha deluso, con il suo look eccentrico d’altri tempi, sparato bianco e farfallino, cappotto e cappello molto chic.

Davanti al palco si è presentato con un bicchiere in mano: acqua e limone da sorseggiare durante la conferenza. Con il sorriso si è prestato alle foto di rito, poi, accompagnato dal presidente Unitre Davide Frezzato, ha iniziato a parlare alla platea inquadrando l’argomento: la sua lezione su Ludwig van Beethoven necessitava d’altronde di una premessa di «un cappello per entrare nel brodo dell’epoca».

La premessa si è basata su una definizione di classicismo e romanticismo. Concetti difficili da definire, ma necessari per comprendere il genio del musicista. «Io c’ero a quell’epoca» ha scherzato Daverio, introducendo la figura dell’intellettuale romantico, un po’ Uber Mansch (superuomo) e un po’ attratto dai cambiamenti epocali. Facendo sfoggio di una cultura vastissima, Philippe Daverio ha citato il movimento dello Sturm und Drang e ha illustrato le caratteristiche dell’uomo romantico, che contrappone il sogno alla ragionevolezza, che antepone il diritto supremo alla sensibilità, che esalta la bellezza, che pur essendo di matrice credente aspira all’anarchismo e alla sovversione di certe regole. Da questi presupposti, è passato a parlare di Beethoven, raccontando di un giovane che trasferendosi da Bonn a Vienna si è ritrovato alla corte viennese e ha acquisito popolarità.

A Vienna sono nate le sue sonate più famose, che presentano una evoluzione dell’armonia, pur assorbendo l’eredità teatrale di Mozart. «Beethoven ha vissuto nella consapevolezza di essere un protagonista della propria epoca – ha spiegato Daverio- e ha saputo considerare i suoi colleghi e i suoi predecessori, cosa rara fra i musicisti». Questa sua capacità è stata alla base della sua grandezza. «Oggi noi godiamo la sua musica. Beethoven ha lasciato all’umanità un’eredità fantastica». Questa la conclusione della conferenza, alla quale il critico ha voluto dare anche un taglio politico, definendosi europeista. «Questo non significa che non sia critico nei confronti della Merkel: l’Europa del soldo non ha un senso. Solo l’eredità culturale può unire l’Europa. Anche la musica, pur essendo godibile da chiunque, va apprezzata e capita partendo dalla sua radice europea».