Bail-in, «non ci fa paura». Parola di “banchiere di provincia”. Luca Barni, direttore generale della Banca di Credito Cooperativo di Busto Garolfo e Buguggiate, è convinto che la nuova normativa entrata in vigore dal primo gennaio 2016 non debba preoccupare più di tanto i propri clienti. Le obbligazioni subordinate, al centro dello scandalo di Etruria e delle altre banche del centro Italia, non fanno infatti parte dell’offerta dell’istituto di credito dell’Altomilanese «Con una delibera del 2004 –
sottolinea Barni – il Cda della Bcc ha stabilito che la banca non avrebbe mai venduto prodotti finanziari complessi con rating inferiore a investment grade, e quindi nemmeno le obbligazioni subordinate. È una scelta: preferiamo la tutela dei risparmiatori a una maggiore redditività della banca». Oltretutto, già dal 2008, all’epoca della “bolla” di Lehman Brothers e dei derivati, «la banca è impegnata in un’opera di educazione finanziaria per aiutare i risparmiatori a orientarsi in un’offerta di prodotti che si è fatta sempre più complessa, evidenziando la relazione tra maggiore possibilità di guadagno e maggiori rischi». Rispetto al rischio “bail-in”, la solidità della Bcc è al di sopra di ogni sospetto: il Cet1 vale il 16,67%, «quasi il doppio dell’8,5% che Banca d’Italia ha richiesto per il nostro istituto, mentre la media del sistema bancario italiano vale il 12,1%. La nostra forte patrimonializzazione rappresenta un elemento di indubbia sicurezza per il risparmiatore». Non solo, la “Busto Garolfo” ha un fondo di garanzia per gli obbligazionisti che, in caso di bail in, copre un importo di 103mila euro e che, aggiunta al fondo di garanzia dei depositanti, arriva a coprire 206mila euro complessivi: il doppio di quanto garantisce il resto del sistema bancario.