«Dalla bici alla corsa, amo la fatica»

Il grande Ivan Basso domenica correrà la Maratona di Venezia. Ieri ha fatto con noi l’ultimo allenamento

Prendete un ciclista. Anzi, meglio: prendete il ciclista. Il ciclista varesino che ha vinto più di tutti, che per dieci anni è stato uno dei più forti del mondo, orgoglio di casa nostra sui pedali. Prendete Ivan Basso, levategli le scarpette da bici e mettetegli delle scarpe da running, e mettetelo al via di una maratona. Cosa succederà? Lo scopriremo presto, visto che Ivan tra due giorni correrà la Maratona di Venezia: la sua prima volta, dopo una vita a pedalare. C’è sempre un numero attaccato sulla schiena e questo è quello che conta. E c’è l’ultima sgambata prima della grande fatica, l’ultima corsetta fatta insieme ieri sui sentieri attorno al Sacro Monte. Una corsetta leggera, perché non bisogna forzare: una corsetta che permette di chiacchierare un po’.

C’è molta voglia di provarci, ma metto subito le cose in chiaro. Non ho particolari aspettative, non voglio correre con l’assillo del tempo. Dopo una vita passata a confrontarmi con un cronometro, ho voglia di provare a fare sport, godendomela. Ma non è detto che in futuro le cose non possano cambiare.

Domenica scorsa ho corso la Deejay Ten, e sono partito tra i primi. Per un chilometro ho corso davanti, insieme ai migliori: la gente mi riconosceva e mi incitava, e correre là davanti mi ha acceso qualcosa dentro. Anzi, ha riacceso una sensazione che conosco e ho provato tante volte.

Volevo continuare a fare sport e volevo farlo in modo diverso. Per una vita, quando correvo, la bicicletta veniva prima di qualsiasi cosa. Per la bici ho sacrificato ogni cosa e rubato tempo alla mia famiglia. Ho passato delle domeniche intere in sella, dalla mattina alle otto fino alle quattro del pomeriggio. Ora basta.

Se devo fare un “lungo” ma quella mattina c’è una partita di Santiago, vado a vedere la partita. Se devo uscire a fare delle ripetute, ma Micaela mi propone una passeggiata, non esco a correre. So che domenica queste cose un po’ le pagherò, ma ho deciso di rinunciare a un tempo finale più interessante. Tempo in più che però ho dedicato alle cose che in passato ho trascurato.

Viviamo in un posto meraviglioso, il Varesotto è poesia pura. Per chi va in bici, certo: queste strade sono state il teatro dei miei allenamenti e qui sono nate le mie vittorie. Ma anche chi corre qui ha solo l’imbarazzo della scelta, dalla ciclabile che circonda i nostri laghi fino a questi sentieri.

Una sola: sensazioni. Non ho tabelle, io sono il personal trainer di me stesso e mi regolerò in base a quello che mi comunicherà il mio corpo. Ho sempre fatto così, in tanti anni di corse: farò così anche domenica. Poi, sarò circondato da alcuni amici che correranno insieme a me. Anche questa è una bellissima cosa, credo.

Le articolazioni erano abituate a sollecitazioni diverse, e ora protestano un po’. Ecco perché verso la fine della preparazione ho preferito abbassare un po’ il chilometraggio per evitare di farmi male e rinunciare alla maratona.

La bicicletta ha fatto parte della mia vita da quando ero bambino, e farà parte della mia vita per sempre. Mentre parcheggiavo qui sotto la Prima Cappella ho visto salire alcuni ciclisti, e soltanto vedere qualcuno che pedala mi fa battere il cuore. La bici è così: entra, e non se ne va più.

Il futuro ora si chiama Trek-Segafredo. Ma in questi mesi mi sono documentato, ho seguito tanti altri sport, ho letto tanto e ho imparato moltissime cose.

Che i tempi sono cambiati e che ora, rispetto a una decina d’anni fa, per raggiungere determinati obiettivi bisogna impegnarsi ancora di più. Anche nel ciclismo, e non parlo di vittorie.

Di credibilità. Dobbiamo lavorare tutti, e in questo senso Zanetti è un precursore, per restituire credibilità al mondo del ciclismo. Soltanto così, solo in questo modo potremo presentarci dagli investitori e costruire dei progetti seri e duraturi. Credibili, appunto.