L’Italia è al primo posto in Europa per debiti commerciali della pubblica amministrazione. Un primato non certo positivo che rischia di mettere in difficoltà l’operatività di molte imprese. Ma il problema non è solo questo: i tempi di pagamento restano lunghi e le carenze di monitoraggio della situazione sono evidenti e provocano una forte asimmetria informativa sui pagamenti nonostante tutte le imprese fornitrici emettano fatture elettroniche nei confronti della Amministrazioni pubbliche
Secondo i dati elaborati da Confartigianato, nell’ultimo confronto internazionale disponibile su dati Eurostat, nel 2015 l’Italia mostra un debito commerciale della pubblica amministrazione verso le imprese per beni e servizi, per la sola parte di spesa corrente, pari al 3,0% del PIL, il più elevato tra i Paesi dell’Unione Europea (1,4%); un valore doppio rispetto alla media dell’Eurozona (1,5%) e più che doppio rispetto all’1,3% del PIL della Spagna e all’1,2% di Francia e Germania. Il primato dell’Italia
si conferma nonostante il peso dei debiti commerciali sia in diminuzione negli ultimi tre anni, scendendo di 1 punto rispetto al 4,0% del PIL registrato nel 2012. I dati però, quelli disponibili perché molti sono ancora mancanti, restano preoccupanti: a fronte di 27,3 milioni di fatture ricevute e non respinte, quindi da pagare, dalle oltre 22mila pubbliche amministrazioni registrate sulla Piattaforma per i crediti commerciali – per un importo fatturato di oltre 156 miliardi – sono stati acquisiti i dati dei pagamenti per solo 15,4 milioni di fatture. A distanza di cinque anni dall’avvio delle politiche di accelerazione dei pagamenti della PA mancano dunque i dati sui pagamenti per 11,9 milioni di fatture, pari al 43,6% del totale. I tempi medi di pagamento occorsi per saldare, in tutto o in parte, il 56,4% delle fatture per le quali sono stati acquisiti i dati dei pagamenti, sono stati pari a 50 giorni, un tempo medio ponderato con gli importi. Ma la lunghezza dei tempi di pagamento potrebbe essere sottostimata: i dati si riferiscono addirittura alle Amministrazioni “più virtuose”, quelle che hanno fornito le informazioni sulle fatture ricevute e che, con molta probabilità, potrebbero avere tempi di pagamento più contenuti.
Eppure in Italia la quota di imprese che emette fatture elettroniche è del 30,3%, ben 12,5 punti superiore al 17,8% della media UE; la quota dell’Italia sopravanza il 25% della Spagna ed è doppia rispetto al 15,6% della Germania e del 14,9% della Francia. Tra il 2014 e il 2016 – l’obbligo di fatturazione in formato elettronico è introdotto dal 2015 – la quota di imprese italiane che inviano fatture elettroniche è salita di 24,8 punti a fronte dell’aumento di 6,5 punti registrato nell’Unione a 28. Secondo l’analisi di Confartigianato, in particolare, dal punto di vista settoriale la maggiore esposizione delle Costruzioni sul mercato pubblico ha praticamente triplicato la quota di piccole imprese del settore che inviano la fattura elettronica.