Due uomini e due ragazzi. Tre rapimenti e una breve scomparsa. Quattro omicidi in oltre 40 anni che ancora oggi rappresentano un mistero.
In un caso la giustizia fu negata per i troppi errori nell’inchiesta. E a un ragazzo che tornava da scuola in bicicletta quegli errori negarono giustizia. Dal rapimento di Emanuele Riboli, sparito a Buguggiate 43 anni fa (era il 17 ottobre del 1974) mentre tornava da scuola, al rapimento di Tullio De Micheli, industriale sparito da Comerio nel 1975. Andrea Cortellezzi fu rapito da Tradate il 17 febbraio del 1989. Di Riboli, De Micheli e Cortellezzi non furono mai ritrovati i resti.
Tutti sono stati dichiarati morti. E per Riboli si arrivò ad identificare i colpevoli troppo tardi. L’8 ottobre 1999 la procura generale di Milano chiese scusa ai genitori di Emanuele a nome «della giustizia di questo Paese», così disse l’allora procuratore generale Francesco Maisto, «scusa per la serie incredibile di errori commessi dallo Stato». Chiese scusa perché sui rapitori e gli assassini del giovane studente si abbattè, proprio a causa di quegli errori, la prescrizione. Ad orchestrare il rapimento e l’omicidio del ragazzo furono due delle più potenti famiglie di ’ndrangheta del nord: i Sergi e gli Zagari. Per De Micheli e Cortellezzi, invece, restano soltanto delle flebili piste: nel 2008 sulla base delle rivelazioni di un pentito detenuto a Vercelli la procura di Varese ordinò degli scavi, con l’utilizzo di robot e nuove tecnologie, nella zona di Rescaldina. I resti dell’imprenditore di Comerio non furono ritrovati nemmeno in quella occasione. Per Cortellezzi le speranze di ritrovare almeno il corpo di quel figlio svanito nel nulla dopo un’iniziale richiesta di riscatto di tre miliardi di lire (il giovane fu probabilmente venduto dai primi rapitori, due dei quali sarebbero stati poi uccisi a Parma dai complici, all’anonima calabrese) si riaccesero nel 1995. In un vecchio pozzo, a una profondità di 80 metri, nella brughiera di Cairate, fu visto qualcosa: uno scheletro che pareva inchiodato ad un blocco di cemento. Gianluigi Fontana, allora pm a Busto Arsizio (oggi è il procuratore capo nella stessa città) lo disse immediatamente: «C’è una possibilità su un milione che si tratti di Andrea Cortellezzi. Ma abbiamo il dovere di tentare». La previsione di Fontana si rivelò esatta: il pozzo non restituì il corpo del giovane ventiduenne rapito sei anni prima. Gli anni Novanta chiusero in provincia di Varese la stagione dei sequestri. Aprendo quella dei delitti irrisolti. Negli Stati Uniti li chiamano cold case. Per Varese sono tagli aperti. Gianluca Bertoni, universitario di 20 anni, sparì da Somma lombardo la sera dell’Immacolata del 1990. Due giorni dopo a Cadrezzate, vicino al laghetto del Margin, un cercatore di funghi trovò semisepolta dalla neve e completamente bruciata la carcassa dell’ auto di Gianluca. Il 12 gennaio 1991 sull’ arenile davanti ad un residence di Ranco, affiorò semicoperto da un sacco nero, il cadavere incaprettato di Gianluca. L’ autopsia eseguita a Varese, rivelò che la morte era stata provocata da un colpo sferrato al capo, forse con un cric, forse con una grossa pietra e che il decesso risaliva con molta probabilità a poche ora dopo la scomparsa. Quattro delitti senza autore disseminati in oltre 40 anni. Quattro misteri che ancora attendono di essere risolti. E almeno quattro (ma per i sequestri sono certamente di più) gli assassini che ad oggi l’hanno fatta franca. E forse, almeno nel caso di Bertoni, vivono ancora qui. Indisturbati.