Ultimo grado di giudizio per : il killer della mani mozzate affronterà la Cassazione il prossimo 10 aprile. Piccolomo, per tutti Pippo, è già stato condannato in due gradi di giudizio all’ergastolo per l’omicidio di . L’ex tipografa di 82 anni fu trovata uccisa nella sua abitazione di via Dante il 5 novembre 2009. Un delitto raggelante: la donna era stata massacrata a colpi di arma da taglio, un fendente alla gola l’ha quasi decapitata. L’assassino, forse per eliminare tracce dopo essere stato graffiato dalla vittima in un disperato tentativo di difesa, l’ha mutilata tagliandole entrambe le mani. Gli arti della donna non sono mai stati ritrovati.
Il 26 novembre dello stesso anno gli uomini della squadra mobile della questura di Varese hanno fermato Piccolomo: contro di lui soprattutto la testimonianza di una passante che lo aveva notato, poco prima del delitto, mentre raccoglieva mozziconi di sigaretta dal grande posacenere davanti al centro commerciale di Cocquio. Nella casa della Molinari furono trovati diversi mozziconi con altrettanti Dna tutti diversi tra loro. L’ex tipografa non fumava. La testimone lesse dai giornali il dettaglio e segnalò il fatto agli inquirenti. Inoltre fu poi ritrovata l’arma del delitto, con il sangue della Molinari sopra, nell’abitazione di Piccolomo.
L’uomo, assistito dall’avvocato , si è sempre detto innocente. Anzi alla lettura della sentenza di condanna aveva gridato:«Bugiardi? È una sentenza ingiusta. Bugiardi». Ne erano seguiti una sequela di insulti e di accuse nei confronti della corte che avevano fruttato una denuncia per oltraggio a Pippo. Bettiati ha sempre basato i propri appelli su questioni tecniche.
Ora tocca ai giudici della Massima Corte: che non potranno entrare nel merito della vicenda. Il 10 aprile sarà il giorno della verità: i giudici potrebbero rilevare irregolarità procedurali e rinviare gli atti alla corte d’appello per rifare il processo. Oppure confermare la sentenza all’ergastolo: in questo caso Piccolomo sconterà quel fine pena che tanto lo tormentava a giudicare dalle dichiarazioni rilasciate durante le udienze. Per l’accusa non ci sono dubbi: il sostituto procuratore generale , che ha discusso l’appello facendo proprie in toto le tesi del pm che condusse l’inchiesta sul delitto, dichiarò: «Arma del delitto in casa dell’imputato. Sangue della vittima su quell’arma. Non c’è nulla su cui discutere».
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