Omicidio di, clamorosa svolta: la Procura di Milano chiude le indagini e chiede il rinvio a giudizio per omicidio volontario nei confronti del killer delle “mani mozzate” . È già in galera con una condanna all’ergastolo per aver ucciso , una pensionata di Cocquio Trevisago. Chiesta l’archiviazione invece per don, il sacerdote amico di Lidia che era stato a suo tempo indagato, ma che risulterebbe a questo punto estraneo ai fatti.
Lo ha rivelato ieri pomeriggio Tgcom24: il sostituto procuratore generale di Milano ha depositato l’avviso di chiusura delle indagini per il delitto Macchi, chiedendo il processo per Pippo Piccolomo e l’archiviazione per don Antonio Costabile.
Forse finalmente la famiglia Macchi potrà conoscere la verità su uno dei più intricati e delicati “cold case” della nostra provincia.
Il caso era stato riaperto lo scorso autunno, sulla base della denuncia delle figlie di Piccolomo, Cinzia e Tina, che sostenevano da anni di essere convinte della colpevolezza del padre in quanto ricordavano di averlo sentito più volte, quando erano piccole, vantarsi di quel delitto. Dopo che la testimonianza era stata riportata dalla trasmissione televisiva di Mediaset “Quarto grado”, lo scorso novembre, i familiari della vittima avevano scritto alla Procura Generale di Milano, chiedendo un’avocazione dell’indagine, formalmente mai chiusa dalla Procura di Varese, con la speranza di arrivare ad un pronunciamento finale sulla vicenda.
Dopo un’attenta valutazione del caso, il sostituto procuratore Carmen Manfredda aveva aperto un fascicolo per omicidio volontario nei confronti di Piccolomo, che nel frattempo è in carcere. Formalmente si trattava di una continuazione delle indagini compiute a Varese, senza giungere ad una conclusione.
A questo punto, con la richiesta di rinvio a giudizio per Piccolomo, arriva una svolta inaspettata, perché le parole del killer di Cocquio Trevisago erano finora state ritenute delle possibili “spacconate”, poco credibili. Invece con questo atto di chiusura delle indagini, la Procura generale ritiene di aver raccolto sufficienti indizi contro l’uomo, per poterne chiedere il rinvio a giudizio. A Piccolomo la Procura contesta le aggravanti di «aver agito con premeditazione, di aver commesso l’omicidio per occultare il reato di violenza sessuale» e la «particolare crudeltà».
Tra gli elementi a sostegno dell’accusa di omicidio volontario, ci sarebbero anche le somiglianze rilevate con l’omicidio di Carla Molinari: simile dinamica e depistaggio. E ancora, l’imballaggio utilizzato per coprire il corpo della vittima, e la vicinanza tra l’abitazione di Piccolomo e il bosco di Sass Pinì, dove fu ritrovato il corpo senza vita di Lidia Macchi. Ma tra gli indizi a carico del “killer delle mani mozzate” ci sono anche una serie di scoperte fatte dalla trasmissione “Quarto Grado”.
© riproduzione riservata