Dente si confessa a Varese: “Nel futuro torno al vinile”

GAZZADA SCHIANNO Dente incanta il Gasch music festival. Domenica il cantautore fidentino, classe 1976, ha chiuso con il suo generoso concerto la kermesse musicale di Gazzada a Villa De Strens. Per i fan una ghiotta occasione di godersi dal vivo Giuseppe Peveri, alias Dente, considerato l’astro nascente della musica italiana. Un pubblico trasversale sotto il palco, in massima parte under 30, intento a cantare le canzoni del quinto e più recente album “Io tra di noi”, ma anche i brani più vecchi.

Peveri intrattiene il pubblico divertendosi e scherzando su clima, canzoni e band. Apre con “Cuore di pietra” e poi rotolano con semplicità gli altri pezzi: Stella, Piccolo destino ridicolo e la più partecipata, “Saldati”.

Un artista ormai uscito dalla nicchia indipendente che convince con i suoi brani che mescolano le sonorità classiche del cantautorato nostrano all’innovazione di intuizione e testi.

Con cinque album all’attivo, passaggi televisivi e su palchi famosi, non è “arcinoto” per partecipare a un piccolo festival di provincia?
Non credo proprio, anche perché il mio modo di fare è ancora il servizio “porta a porta”. Vado in giro per l’Italia a portare la mia musica in posti piccoli o grandi, non importa.

Come sceglie i brani da proporre?
La scaletta del tour estivo è varia. Non è solo incentrata sull’ultimo disco, come all’inizio per ovvie necessità di promozione. Siamo andati a pescare canzoni da tutti i dischi, un excursus su quanto ho fatto finora, riprendendo anche pezzi mai suonati dal vivo.

Come sta andando il tour?
La situazione di quest’ultima parte mi piace molto, perché ha degli equilibri molto belli. I concerti sono sempre affollati con palchi medio-grandi, la dimensione giusta tra concerto di piazza e live intimo.

Lei è stato definito in molti modi: promessa della musica, nuovo protagonista del cantautorato o fenomeno del panorama indipendente. Quale descrizione la infastidisce di più e quale preferisce?
Le definizioni fanno capire ben poco, ma le accetto tutte anche se brutte. Con quello che faccio, dischi ed esibizioni, mi metto in pasto a queste cose, però cerco di non darci troppo peso.

Quanto pesano simili aspettative in vista di nuovi lavori?
Il peso si sente. All’inizio non l’avevo né pressioni né aspettative. Cerco di non pensarci troppo, per continuare a fare le cose con sincerità, senza pensare a pubblico e critica. Devono piacere prima a me, perché quando fai un lavoro, di cui sei soddisfatto, accetti le critiche con serenità e apprezzi il gradimento.

Cosa le piace ascoltare ultimamente?
Sto facendo una cosa bella: compro dischi in vinile, come a 16 anni. È la modalità con cui ho conosciuto la musica. Prendo album che non conosco nei mercatini, lasciandomi ispirare dalle copertine: dischi sudamericani e spagnoli, ma anche charleston. Tutta musica da ascolto, quasi da sottofondo, che lascio andare senza grande concentrazione.

Quali progetti al termine del tour in novembre?
Mi piacerebbe fare un altro disco, ma con calma, quando ci saranno le canzoni giuste. All’inizio del tour volevo farlo subito. Poi ho cambiato idea, mi rendo conto che ho bisogno di staccare.

“Da Varese A Quel Paese”, è una citazione dedicata alla Ghost Records, l’etichetta indipendente varesina che la produce o, visto che i suoi pezzi sono autobiografici, è un amore nato nei dintorni?
È semplicemente una storia e dentro c’è Varese, perché è successo lì. È più didascalica di quello che si pensi.

C’è un brano che è già diventato un tormentone che non vorrebbe più cantare?
Lascio nel dubbio su quale sia, ma c’è. Non perché non mi piaccia, ma perché mi infastidisce quello che dico.

Inutile tentare di capirlo, perché Dente è dannatamente bravo a nasconderlo. Laura Botter

e.marletta

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