Quando si perde, il giorno dopo è difficile. E importante. I tifosi si fanno domande e cercano risposte. Una società forte deve parlare. E il Varese – che ha dimostrato di volerlo essere, anche prendendo se necessario decisioni difficili e dolorose – lo fa, senza nascondersi. Oggi, per voce del direttore Alessandro Merlin, che torna insieme a noi sulla partita persa a Caronno.
Brucia, perdere fa sempre male, soprattutto quando ti chiami Varese. Brucia sì, ma non troppo: perché siamo “solo” all’ottava giornata. E perché abbiamo visto dei miglioramenti e grandi margini per crescere ancora.
Abbiamo creato 5/6 situazioni, da palla ferma o in movimento, per segnare. Fino al loro gol abbiamo tenuto in mano noi il campo e nel secondo tempo abbiamo avuto un’ottima reazione. In più al loro attacco, fortissimo, non abbiamo concesso praticamente nulla. E si è visto un atteggiamento positivo, propositivo, aggressivo, tenendo il pallino.
Dopo aver preso il gol abbiamo avuto 15’ di appannamento e abbiamo preso il secondo, concesso con un po’ di ingenuità. Se i primi 45’ si fossero chiusi 1-0 sarebbe stata un’altra partita.
Il guizzo per accorciare in fretta. Abbiamo avuto qualche occasione, la più grossa il palo di Giovio, ma non è entrata. Fosse successo, sarebbe stata un’altra storia. In passato ci è girata bene, questa volta no: è il calcio.
Di certo non ha avuto una giornata positiva. Non ha condizionato la partita, ma in certi episodi ha preso decisioni discutibili: un fallo di mano in area nel primo tempo non visto; quando il loro portiere ha fatto una gran parata su Rolando, poco prima stava dando il rigore su Scapini, che poi però non ha fischiato; e quella punizione a due in area che ha fischiato a noi e poi girato a favore loro. Non ho capito io e nemmeno il suo assistente.
Siamo andati sotto 2-0 su due episodi non preventivabili, che capitano in questa categoria. Il primo gol, per esempio, è nato da una rimessa laterale, e quindi eravamo schierati. Vero però che in alcuni momenti ci allunghiamo. Ma è normale, sui 90’: succede a tutti. Va migliorata la gestione di quelle fasi. Ma la strada è quella giusta: lavoro, organizzazione, impegno. Andiamo avanti, dando il massimo.
Non è vero. La squadra corre per 90’, nessuno ha mai avuto crampi o stiramenti da poco allenamento. Quindi per me non è vero.
Se mi dicono che questa squadra non è il Parma o il Venezia, posso essere d’accordo. Ma di certo è attrezzata per fare un campionato di vertice. Poi per vincere, e noi vogliamo farlo, servono diversi fattori, alcuni non preventivabili – gli infortuni, l’annata dei singoli, anche la fortuna – ma su cui si può lavorare. Avanti, lavoriamo.
Io non l’ho visto fermo sulla linea laterale, anzi: in costruzione si accentra, tende a venire dentro il campo. E, oltre ad aver detto lui “sì” al mister per provare lì, anche nella Primavera del Palermo giocava ala nel 4-3-3. Ed era contento di farlo.
È cambiata l’idea di gioco. Siamo partiti a due, poi passati a tre. Ora confermati i tre ma non un’idea di gioco completamente diversa, molto aggressiva e verticale. Serve il giusto tempo per capire misure e distanze.
Luca ha fatto una buona gara invece. In fase difensiva e per corsa e volontà. Certo, gli è mancato il guizzo per lasciare il segno: ma si è dannato per la squadra.
Buona squadra con ottimi giocatori, da metà campo in su importantissimi. Ma questo campionato è apertissimo: ovunque vai, ci sono rischi.
Non credo, anche perché se è necessario io ho il patentino di allenatore. E, soprattutto, siccome ci confrontiamo tutti i giorni per ore, conosco a memoria la sua idea di gioco: propositivo e organizzato, d’attacco studiato nel modo giusto. Ma non è una cosa che si può vedere subito: per far assimilare a 25 persone la tua idea di calcio ci vuole un po’ di tempo. Comunque in panchina posso andarci, anche perché qualunque cosa mi dica Baiano la riporto ai giocatori, come fatto domenica. Ovviamente la cosa migliore è che ci sia lui.