Il Varese va in città. Sembra il titolo di un film di una manciata di anni fa, ma è una trama reale, bellissima, struggente.
Centinaia di tifosi varesini, protagonisti di un esodo emozionante dalla città giardino alla città eterna. Li riconosci subito, sul treno, in metro e in pullman. Un po’ spaesati, con quella sciarpa biancorossa che li rende riconoscibili lontani chilometri. Ci si scambiano occhiate di assenso in giro per la città, ci si dà appuntamento allo stadio. E oggi tutti i tifosi saranno in udienza da Papa Francesco, in piazza San Pietro.
È il piccolo Varese che invade Roma, con il coraggio della provincia che gonfia il petto, Davide contro Golia. Gli spiccioli di Luoni contro i milioni di Djordjevic.
I tifosi biancorossi che per una buona ora prima della partita restano addirittura in superiorità numerica nell’Olimpico quasi deserto. Cantano al cielo, si sentono solo loro, in quel piccolo grande angolo di paradiso dietro la porta difesa nel primo tempo da Perucchini. Tra le due tifoserie c’è feeling,
con cori congiunti e applausi in ricordo di Gabriele Sandri.
Ma i nostri cantano, non smettono mai. E quando esce Neto Pereira dal campo, il tributo al capitano è da brividi. Un omaggio, un ringraziamento doveroso al simbolo di questo Varese, in uno scenario prestigioso, degno del suo grande talento. Ma come dice Bettinelli, il nostro Olimpico è a Masnago, e i tifosi lo hanno preso in parola.
Sono tutti a Roma, in un giorno feriale, alle quattro del pomeriggio, a tenere alto sugli spalti il nome del Varese. O meglio quasi tutti, perché Luca Alfano avrebbe voluto essere a Roma con tutte le sue forze, ma con il cuore era in mezzo a quel delirio biancorosso.
Sono partiti alla ricerca di un’impresa che tutti dichiarano impossibile, pensare di venire qui a giocarsela poteva sembrare un’utopia. Eppure il Varese e i varesini hanno lanciato il cuore oltre l’ostacolo, disputando una partita di gran carattere e a tratti di gran calcio, tanto da ricevere anche gli apprezzamenti dei pochi temerari laziali giunti allo stadio.
E no, non conta il risultato, non stavolta. Conta vedere quello scricciolo di Scapinello, direttamente da Schianno, 19 anni e una barbetta appena accennata, mettere piede sul prato dell’Olimpico. È il simbolo di questa giornata, è l’impegno di Bettinelli di credere fino in fondo in questi giovani, e di portarli a debuttare in partite come questa.
Torniamo a Varese con il petto gonfio d’orgoglio, sperando di vedere negli occhi dei giocatori e dei tifosi lo stesso fuoco e lo stesso spirito di attaccamento visti a Roma.
Al minuto 86, a risultato già archiviato, lo stadio resta per qualche secondo in silenzio. E dagli spalti si alzano i nostri cori di sempre, alè Varese, resteremo in serie B, noi abbiamo Varese nel cuore, siamo sempre con voi e non vi lasceremo mai. E alla fine, i ragazzi si raccolgono in mezzo al campo, quasi a voler assaporare fino alla fine l’atmosfera. Bettinelli si concede alle interviste di mamma Rai, e la squadra va sotto la curva. Lanciano maglie, pantaloncini, applaudono e ringraziano i veri eroi della giornata romana. Resteremo, resteremo, resteremo in serie B.