Disastro aereo; Recupero scatole nere AF 447 “ago in un pagliaio”


Parigi, 3 giu. (Apcom)
– Recuperare a migliaia di metri di profondità le scatole nere dell’Airbus A330 dell’Air France precipitato nell’Atlantico equivale a ritrovare il proverbiale “ago nel pagliaio”, secondo gli esperti.

Le “scatole nere” – il Cockpit Voice Recorder e il Flight Data Recorder, in realtà verniciate in arancione per una migliore visibilità – sono progettate per resistere a una pressione di circa 600 atmosfere, ovvero 6mila metri di profondità, e sono in grado di emettere un segnale elettronico di rilevamento per circa un mese.

Condizione necessaria per il recupero quindi è rilevare il segnale, altrimenti “è fuori questione utilizzare un sommergibile per rastrellare migliaia di chilometri quadrati”, come spiega Pierre Cochonat dell’Ifremer: Se si arriva a delimitare una zona di poche miglia nautiche di raggio, si può fare, altrimenti è come cercare un ago in un pagliaio”.

Il problema è che sott’acqua il segnale è rilevabile ad una distanza massima di circa 1.500 metri, mentre la profondità sul presunto luogo del disastro è compresa fra i 3mila e i 5mila metri: una possibilità è l’utilizzo di un “pinger”, un sonar calato a tre chilometri di profondità e trainato da una nave madre, con la limitazione che la ricerca dev’essere effettuata a velocità molto basse.

In caso di ritrovamento, spetterebbe all’Ifremer cercare di recuperare le due scatole nere, sia con il sommergibile con equipaggio “Nautile” – utilizzato nelle ricerche del relitto del Titanic – che con il robot “Victor”, dotato di maggiore autonomia. In linea di principio non vi sarebbero problemi per il trasporto in superficie, sempre che le scatole nere non siano bloccate nella carlinga: sia il “Nautile” che il “Victor” sono dotati di bracci telecomandati in grado di manipolare oggetti.

Ma, come sottolinea Cochonat, la zona dove si sarebbe inabissato l’A330 presenta un fondale “molto confuso e caotico: ci troviamo in prossimità della catena montuosa che attraversa tutto l’Atlantico, un paesaggio di crepacci e rilievi vulcanici”. La “Pourquoi pas”, la nave dell’Ifremer con a bordo i sottomarini, non dovrebbe comunque giungere in zona prima di 8 giorni.

Il Cockpit Voice Recorder e il Flight Data Recorder potrebbero rappresentare l’unica speranza di gettare luce sulle cause del disastro: l’A300, con 228 persone a bordo, era scomparso dagli
schermi radar a oltre 500 chilometri dalle coste brasiliane,
senza che sia stato captato alcun segnale di soccorso, automatico (come accade in caso di condizioni di volo anomale) o da parte dell’equipaggio.

Unica traccia, un messaggio automatico che segnalava un’avaria di natura elettrica e brusche variazioni di quota; l’Air France ha avanzato come unica ipotesi la possibilità che l’aereo sia stato colpito da un fulmine, un evento peraltro piuttosto frequente e che raramente è in grado di causare danni all’apparecchio.

Gli esperti sottolineano che proprio l’assenza di un sos di
qualsiasi genere farebbe pensare che qualsiasi incidente possa
essere occorso debba essere stato gravissimo ed essere avvenuto
in tempi estremamente rapidi.

La famiglia Airbus, come tutti gli apparecchi commerciali
moderni, utilizza un sistema di controllo fly-by-wire, ovvero
attraverso un computer che controlla e filtra tutti gli input del pilota verso le superfici di volo. Rispetto ai tradizionali
sistemi idraulico-meccanici il peso necessario è molto minore, ma al contrario dei primi, nei quali un guasto di solito causa una perdita di efficienza graduale, un’avaria elettronica può
potenzialmente eliminare di colpo qualsiasi possibilità di
governare l’apparecchio; per questo è prevista una ridondanza di
sistemi informatici.

Mgi

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