Diteci che siamo su “Scherzi a parte”

Diteci che non siamo su “Scherzi a parte”. Perché il dubbio, a noi abitanti della Città Giardino è venuto già da un po’ di tempo.

Che ci sia cioè una batteria di telecamere nascoste pronte a fissare le nostre espressioni stupite e disorientate di fronte all’altalenante e contraddittorio procedere delle notizie che riguardano il futuro della città. Avevamo fatto la bocca – si fa per dire – alle magnifiche sorti e progressive delle stazioni ferroviarie, destinate a diventare, con tanto di progetti, acquerelli e rendering particolareggiati, sontuose porte di ingresso per quanti avessero voluto – senza essere condannati al pendolarismo – utilizzare il treno per una capatina sotto il Sacro Monte. L’idea, adesso, pare tramontata, tanto che nessun pasdaran del cemento ne fa più un cavallo di battaglia, preferendo concentrarsi su altre opzioni più a portata di mano.

Ci eravamo anche abituati a pensare che laddove fino a qualche decina di anni fa sulle note dell’Inno di Mameli si alzava solennemente la bandiera di fronte ai soldati sull’attenti, si sarebbe invece alzato il sipario sugli spettacoli della stagione teatrale varesina. L’acquisto dell’immobile (che poi tanto immobile non è, visto che pezzo a pezzo sta scendendo al piano terra) e il conseguente esborso di due milioni e mezzo di soldi dei varesini era stato giustificato dal fatto che la città avrebbe finalmente avuto un teatro stabile (e mai aggettivo fu tanto improvvido, riferendosi alla pericolante caserma) adeguato al prestigio di un capoluogo di provincia.

E invece no. Come nella trasmissione che prende di mira personaggi più o meno famosi, ecco che dal cilindro esce il coniglio che non ti aspetti e il teatro futuribile cambia di nuovo location. Non più nella ex caserma, ma dall’altra parte della piazza, dove adesso sorge il teatro prefabbricato. Motivo del dietrofront? Ci si è resi conto che nella caserma Garibaldi una sala con almeno 1.200 posti a sedere – il minimo sindacale, spiegano gli esperti, per sostenere una stagione come si deve senza rischiare voragini di bilancio – non ci sta in alcun modo.

E ci sono voluti sette anni per capirlo? Sono conteggi così complicati che richiedono così tanto tempo per fornire un risultato credibile? Oppure chi ha immaginato il progetto si è dimenticato di questo particolare peraltro non trascurabile? Un po’ come quei marinai affascinati dal fai-da-te che costruiscono in garage una barca di sette metri e solo dopo che l’hanno verniciata si rendono conto che dalla saracinesca non passerà mai, a meno di tirare giù mezza parete. Ma questi almeno, ci rimettono del loro. Non del nostro.

Come non bastasse, la realizzazione del nuovo e definitivo teatro al posto di quello provvisorio comporterebbe, nella più ottimistica delle ipotesi, almeno due anni di stop agli spettacoli. A meno di realizzare un teatro provvisorio bis che sostituisca quella provvisorio titolare. E qui si sconfina nella commedia all’italiana, che una sua dignità ce l’ha, trattandosi di teatro e dintorni, ma che, con questo canovaccio, a molti di noi non fa più ridere da un pezzo.

Su queste pagine, con voce sommessa ma decisa, i responsabili del Molina hanno ricordato alla città e ai suoi amministratori che un cine teatro da 1.300 posti esiste già. Si chiama Politeama, è in piazza XX Settembre circondato da posteggi (piazza Repubblica, Stazioni, Mercato) e ottimamente servito dai mezzi pubblici. Dirottare parte dei milioni di euro preventivati per realizzare il nuovo teatro e così ammodernare e rendere a norma il vecchio Politeama potrebbe essere non solo un’idea, ma anche un bel risparmio.

A meno di essere su “Scherzi a parte”. Ma in quel caso ricordatevi: per utilizzare i filmati ci vuole l’autorizzazione (la “liberatoria”) di tutti i varesini. Uno per uno. E – come ha dimostrato la raccolta di firme contro il posteggio alla Prima Cappella – questa volta non sarà così facile.

Marco Dal Fior

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