Madre a 63 anni finisce davanti al giudice con il marito. L’accusa formulata a carico della coppia è di alterazione di stato: rischiano una condanna da cinque a 15 anni e, quale pena accessoria, la perdita della patria potestà sui loro gemelli. L’udienza preliminare è stata fissata per il prossimo 3 luglio: la Procura ha chiesto per i coniugi il rinvio a giudizio.
La vicenda risale all’estate del 2011. La coppia, che tra l’altro ha perso una figlia a causa di una fulminea malattia, desidera una nuova maternità. A 63 anni, e proprio l’età tradirà la donna, però è impossibile concepire con metodi naturali. E in Italia la controversa legge 40 proibisce la pratica della fecondazione eterologa e ancor di più quella dell’utero surrogato. Le cosiddette “madri in affitto”, per contro, sono normate in Paesi europei quali Spagna ed Inghilterra.
La coppia quindi si informa attraverso il web scoprendo che esistono siti internet specializzati per la gestione di pratiche di fecondazione assistita all’estero in nazioni in cui queste modalità sono contemplate dalla legge. Il sito (assolutamente legale) consultato dai coniugi è quello della biotexcom. La coppia prende i contatti del caso e si reca a Kiev, Ucraina, (altro Paese dove l’eterologa e l’utero surrogato sono ammessi dalla legge) dove il seme del marito feconda artificialmente l’ovulo di una donatrice che porta a termine la gravidanza e, legalmente, dona appunto due figli (due gemelli che oggi hanno un anno e mezzo) alla coppia.
“Turismo procreativo”, una pratica sempre più diffusa in Italia: a causa delle limitazioni imposte dalla legge 40 molte coppie, anche giovani, impossibilitate ad avere figli sono costrette a rivolgersi a centri esteri. I coniugi, a quel punto, hanno registrato come figli loro i due neonati. E qui, per la Procura, è scattato il reato di alterazione di stato: il sessantunenne è infatti il padre naturale dei piccoli; la madre biologica, invece, è la donatrice.
La coppia registra come figli naturali i due neonati anche all’anagrafe del Comune varesotto di residenza. Nel frattempo dall’ambasciata italiana Kiev, proprio in conseguenza dell’età della donna, scatta la segnalazione alle autorità competenti. La Procura avvia le indagini consultando il medico di famiglia della coppia, che ovviamente nega la recente gravidanza della paziente, quindi eseguendo il test del Dna sui piccoli dal quale emerge che la donna di 63 anni non è la loro madre naturale. Nel frattempo la stessa Procura di Varese segnala la situazione al Tribunale dei Minori che avvia un’indagine ricognitiva. I piccoli, ad oggi, vivono ancora con i genitori nel Varesotto: il Tribunale per ora ha scelto di tutelare il loro interesse lasciandoli in quella che considerano casa.
b.melazzini
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