Dalle notti di Natale con centinaia di fedeli alle tele dei suoi quadri, dai legami personali “all’invenzione” dell’olio di Sant’Imerio: torna a Bosto per una doppia festa, i 60 anni di ordinazione e gli 85 di vita.
Mercoledì 28 giugno celebrerà, alle 20.30, una messa nella chiesa parrocchiale del rione, dedicata a san Michele Arcangelo nella parrocchia che ha guidato per 22 anni.
Alla funzione, e al breve brindisi che seguirà, parteciperanno i fedeli che ha battezzato, sposato e accompagnato in tanti anni, ma anche l’associazione degli Olivicoltori Olio di lago di sant’Imerio. Fu proprio il sacerdote ad avere l’intuizione nei primi anni 2000 di trasformare i frutti delle piante del rione in gesti di solidarietà concreta verso diverse realtà in situazioni di bisogno dai bimbi e pescatori dell’India e la parrocchia stessa.
«Sono molto contento dei 60 anni di messa, molto meno degli 85 di età» dice, con la schiettezza che da sempre lo contraddistingue.
Nel 1957 erano in 62 i preti novelli della diocesi di Milano, tra loro proprio don Pietro e il cardinale Dionigi Tettamanzi usciti dal seminario varesino di Masnago.
«Per noi allora significava poter finalmente andare tra la gente perché il seminario educava nell’istruzione teologica, ma le persone per noi rimanevano lontane. Avevamo scelto di essere preti diocesani proprio per poter interagire con gli altri dai ragazzi agli adulti. Stare con la gente era un punto di arrivo».
Proprio per questa vocazione particolare: «Siamo quelli che, una volta “rottamanti”, stanno peggio, perché non abbiamo una vocazione eremitica.
Ora i giovani sacerdoti sono preparati ad un altro tipo di approccio pastorale, strutturato in maniera diversa. Non sposano una parrocchia sola, ma sono servitori di diverse parrocchie».
Ora don Pietro è tornato a vivere nel paese natio, Busto Garolfo, dopo 30 nei seminari prima come insegnante di disegno poi come rettore del seminario di Mansago, educando schiere di futuri sacerdoti.
Per cinque anni era stato nella parrocchia di Rescaldina e dal 1990 a Bosto. La sua era una vocazione nata presto che, però, non gli ha impedito di seguire anche la sua grande passione: l’arte.
Diplomatosi a Brera ha realizzato diverse mostre, alcune proprio per raccogliere fondi per tante attività benefiche.
«A settembre farò una mostra. Nei dintorni non c’è molto, ma ci sono degli splendidi prati di fiordalisi e papaveri, proprio come quando ero piccolo. Vedendoli mi è tornata l’ispirazione per dipingere. Per ora ho realizzato quattro tele con bimbe sedute tra i fiori, mi richiamano l’infanzia e mi consolo».
A lui è dovuta anche l’idea dell’olio di Sant’Imerio.
«I ricordi più belli degli anni a Varese sono quelli legati alle notti di Natale con la chiesa colma fino in piazza. Arrivavano anche quelli che non frequentavano durante l’anno, quelli che stanno sulla porta, ma che per una volta hanno desiderio di vivere una dimensione bella e familiare».
Il Ricordo più brutto? «Ero in casa parrocchiale e mi hanno comunicato cambiamenti per la parrocchia che non condividevo».
Per don Pietro la vita della comunità in cui viveva in ministero era davvero più che una famiglia e tutto il suo entusiasmo si è speso per quelle persone che hanno condiviso il cammino con lui e che nel rione dimoravano: dalla difesa della scuola elementare quando ne prospettarono la chiusura all’idea di dotare la chiesa di un maxi schermo per seguire le letture durante le celebrazioni.
Creativo e concreto ad un tempo ha dato un impronta che è rimasta indelebile.