Donna morta per una calcolosi Condannati tre medci del Circolo

VARESE Le due perizie ordinate dal tribunale si smentiscono l’un l’altra. Eppure il giudice monocratico Anna Azzena non ha avuto dubbi. E ha dichiarato tre medici dell’ospedale di Circolo di Varese, in servizio nel reparto di Chirurgia 2, colpevoli del reato di omicidio colposo.

Ieri Claudio Postiglione è stato condannato a quattro mesi di reclusione (il pm d’udienza, Arianna Cremona, ne aveva chiesti sei); Carlo Iannuzzi a otto mesi (così come aveva domandato la procura); Enrico Guffanti a un anno (il pm si era “fermato” a otto mesi). Assolto invece l’altro medico alla sbarra, Eugenio Cocozza (anche la procura aveva chiesto il proscioglimento).

Per Iannuzzi e Postiglione il giudice ha disposto la sospensione della pena e la non menzione. Più duro il dispositivo nei confronti del primario Guffanti: dovrà versare 50 mila euro all’ospedale di Circolo a titolo di risarcimento per il danno d’immagine. Altrimenti dovrà andare in galera.

I fatti contestati risalgono all’ottobre 2005. La vittima, una donna di 67 anni, accusava forti dolori all’addome. In ospedale i gastroenterologi le diagnosticarono una calcolosi della colecisti; segnalarono inoltre calcoli pure nel coledoco. Si tentò di asportare i calcoli con un intervento in endoscopia, ma non fu possibile ottenere un risultato definitivo. Trasportata in chirurgia, la donna venne allora operata da Iannuzzi e Postiglione (Guffanti ebbe un ruolo marginale: venne chiamato per effettuare un allacciamento particolarmente complicato). Secondo l’accusa, i medici avrebbero però sottovalutato il problema, intervenendo solo sulla cistifellea. Rimandata a casa per il normale decorso, la signora tornò al pronto soccorso accusando ancora fitte lancinanti. Gli esami rivelarono una grave infezione. La signora venne operata una seconda volta, da un’altra equipe guidata da Guffanti. Ma purtroppo l’intervento non servì a salvarle la vita: morì qualche settimana dopo nonostante le cure.

Secondo la pubblica accusa, anche la seconda operazione venne condotta in modo non appropriato. Nel mirino ci sono soprattutto i punti applicati: non avrebbero retto, causando una micidiale fuoriuscita di bile e di materiale infetto nella cavità addominale.

Secondo una prima perizia ordinata dal tribunale, entrambe le operazioni furono sbagliate e portarono come esito la morte. Un secondo esame, firmato da un altro esperto, afferma invece che la prima operazione ha sì facilitato l’infezione, ma da sola non sarebbe stata mortale. Mentre il secondo intervento sarebbe stato sostanzialmente corretto, anche se effettuato secondo una tecnica ormai obsoleta.

Enrico Romanò

e.marletta

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