Lavena Ponte Tresa – Il Ticino continua ad attrarre imprese italiane eppure sono diverse quelle che rientrano nel Belpaese. Chiudendo l’esperienza della delocalizzazione in Svizzera. E ad andarci di mezzo, sempre più spesso sono i frontalieri e in generale gli italiani che rappresentano la forza lavoro di queste aziende.
Dopo la «Veze Sa», la ditta ticinese di Versace che si occupa della produzione per il comparto Versase Collection Uomo, che ha annunciato il rientro in Italia entro il prossimo autunno, ora è il comparto dei motori a fare un passo indietro. Protagonista la «Piaggio Vespa Bv» di Bioggio, località alle porte di Lugano. La filiale svizzera dell’azienda che produce motocicli, infatti, chiude. O meglio sarà assorbita dalla casa madre di Pontedera, in provincia di Pisa. Con la Piaggio 25 lavoratori perderanno il posto, molti italiani specializzati.
Le attività della sede ticinese erano incentrate soprattutto sui servizi di back-office quali fatturazioni, servizi per concessionari, gestione di crediti e ordini e contatti con i rivenditori e logistica. Secondo la casa madre questa attività sarebbero diventate un doppione di quanto già avviane proprio a Pontedera. Ecco il perché della concentrazione delle attività in Italia. Proprio per razionalizzare e contenere i costi. Subito in campo i sindacati, in special modo l’Ocst, l’Organizzazione cristiano sociale ticinese, con l’obiettivo di garantire un minimo di piano sociale alla maggior parte dei lavoratori. Infatti solo a pochi di loro è stato proposto il trasferimento in Italia. Spostamento comunque difficoltoso.
Già nei mesi scorsi altri dipendenti erano riusciti a trovare lavoro, in Ticino, consapevoli del fatto che la casa stesse preparando un piano di ristrutturazione. Restano però almeno una ventina di tecnici per cui il sindacato si sta occupando di trattare con la ditta per ottenere dei piani sociale con misure di accompagnamento adatte. Per ora, però, gli spiragli non sono molti. Anche se i sindacati non si arrendono. Settimana prossima, così, ci dovrebbe essere un incontro tra il sindacato e l’azienda. Un faccia a faccia che potrebbe rivelarsi decisivo se non altro per garantire un minimo di protezione sociale alle figure professionali in uscita. I provvedimenti di cessazione del rapporto, fanno sapere dal’Ocst, «toccano personale italiano, con buone referenze, la cui ricollocazione non dovrebbe essere problematica». Almeno così si spera.
p.rossetti
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