LAVENA PONTE TRESA – Alla ex caserma Luigi Moi di Lavena Ponte Tresa tutto tace. La struttura, che a fine novembre avrebbe dovuto accogliere 50 profughi, non è ancora stata oggetto dei previsti lavori di messa in sicurezza.
Il cronoprogramma avrebbe dovuto svilupparsi dall’inizio di ottobre e snodarsi attraverso l’adeguamento di pianterreno e primo piano dell’ex edificio militare; ad opera completata poi, sarebbero arrivati i migranti.
Ma per ora tutto è fermo: si parla anche di un cambio di progetto, con questa iniziativa di accoglienza sul territorio che addirittura non interesserebbe più la struttura tresiana. Secondo queste voci, la destinazione dei 50 richiedenti asilo potrebbe essere un’altra, sempre in provincia di Varese. Ipotesi che per ora è senza certezze.
La questione profughi a Lavena Ponte Tresa suscitò da subito grande preoccupazione tra residenti, e anche l’amministrazione comunale sottolineò le criticità di questa ospitalità.
/>L’ex caserma si trova in centro, vicino alla palestra comunale e alle scuole, a pochi metri da una zona residenziale: dall’altra parte ci sono il lago e la dogana svizzera. Un’ubicazione non indicata, come detto da più parti, per accogliere i migranti, dei quali finora non si è saputa con certezza la tipologia (famiglie con bambini o uomini singoli?) né la loro nazionalità, l’etnia o il credo religioso.
Gli abitanti in zona si sono da subito detti molto preoccupati: oggi passano senza troppo curarsi davanti ai cancelli sbarrati e al cortile deserto della caserma.
«Non c’è stata nessuna comunicazione ufficiale – dice il sindaco – Non sappiamo nulla: penso, visto il rapporto diretto che la prefettura ha sempre avuto con noi, che saremo i primi a conoscere di ogni eventuale evoluzione o conferma».
Resta il mancato inizio dei lavori di ristrutturazione, indispensabili per accogliere i migranti: senza questi interventi la Moi non può essere adibita a centro di accoglienza, per ragioni di sicurezza.
Le opere – come il rinnovamento dei sistemi antincendio ed elettrici e i lavori strutturali agli ingressi e alle uscite di emergenza – serviranno, nel caso, a garantire l’incolumità non solo degli ospiti, ma anche della cittadinanza residente attorno al complesso.
Dall’inizio dei lavori dovranno passare alcuni mesi prima che eventuali profughi possano prendere alloggio. Per ora tutto è fermo, con il risultato di aver abbassato la questione emergenza, anche se una certa preoccupazione latente resta.
«I cittadini attendono e possono toccare con mano solo questa mancata partenza dei lavori – affermano dal Comitato civico, ha promosso una petizione raccogliendo oltre 700 firme in due giorni – Se ne parla poco, anche perché dai canali ufficiali poco trapela. Restiamo in attesa, senza abbassare la nostra attenzione».