È stato un colpo di “sfortuna” ad incastrare il trentaduenne arrestato venerdì dai carabinieri di Mornago. Alle 6:40 del mattino, l’uomo, incensurato e padre di famiglia, non avrebbe mai immaginato che una pattuglia, giunta ormai a fine turno, potesse fermare la sua Mercedes per un controllo. Ancora meno prevedibile era che i militari, insospettiti da un coltellino con tracce di hashish trovato nel veicolo, decidessero di perquisire la sua abitazione.
Nella villetta dove vive con la moglie e la figlia, i carabinieri hanno scoperto un consistente quantitativo di droga: 238 grammi di marijuana, 1172 grammi di hashish e 4,5 grammi di semi di cannabis, probabilmente destinati alla coltivazione. Lo stupefacente era nascosto in varie parti della casa, soprattutto al primo piano, nell’antibagno, dove era conservato in scatole di scarpe, armadietti, mobili e numerosi barattoli di vetro.
Il pubblico ministero Flavia Salvatore ha disposto una consulenza tecnica sulla sostanza per determinarne il principio attivo e formulare un’imputazione precisa. L’uomo, difeso dall’avvocato Elisa Colombo, è stato posto agli arresti domiciliari. Sabato mattina, il trentaduenne, di origini calabresi, è comparso davanti al giudice per le indagini preliminari Stefano Colombo presso il tribunale di Busto Arsizio, accompagnato dalla moglie, estranea alla vicenda, e dalla loro figlia.
L’indagato ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere ed è stato rimandato a casa, dove rimarrà fino all’inizio del processo. Al momento non è chiaro a chi fosse destinata la droga: se l’uomo fosse un piccolo pusher o un intermediario nella filiera dello spaccio. È comunque improbabile che i carabinieri abbiano scelto di controllarlo casualmente. È possibile che i suoi movimenti fossero monitorati da tempo e che l’operazione sia stata facilitata da una soffiata.
Resta il fatto che i militari stanno intensificando gli sforzi per contrastare il traffico di stupefacenti, monitorando sia i consumatori sia i pusher di livello superiore. Le indagini proseguiranno con l’analisi del cellulare dell’indagato per cercare di tracciare l’organigramma della rete di spaccio a cui appartiene.