– Due anni di vita, dodici giorni per morire. Se ne va il bimbo cui il 30 gennaio s’era fermato il cuore in viale Europa, a bordo dell’auto sulla quale la mamma lo portava al pronto soccorso. Disperati gesti d’allarme, nessuno li raccoglie. Finché una donna vi risponde, presta le prime cure al piccolo e chiama il 118. Quei minuti d’arresto cardiaco sono divenuti le tenebre dell’eternità.
Non è stato il caso a colpire, è stata l’indifferenza. Un male che si declina con lo scetticismo, il sospetto, l’inerzia. Questa storia varesina ha un nome: vergogna. Perché è barbarie civile ignorare una richiesta d’aiuto, ed è oltraggio alla fede quando ci si definisce cristiani. Ma quali cristiani. Non basta avere le mani pulite se ce le si tiene in tasca per paura di sporcarsi. Sporcarsi: cioè vivere con e per gli altri, affrontare i problemi invece di scansarli. Macché. Più comodo ignorare, fingere, nascondersi.
Forse se Cristo tornasse oggi tra di noi, la gente non lo rimetterebbe in croce. L’inviterebbe a cena, ascoltandolo e ridendogli dietro le spalle. Avanti con la secolarizzazione, e indietro con lo spirito umanitario, disconoscendone carità e pietà. La vera trasgressione, nel contemporaneismo becero, sta nel violare ripetutamente il patto di Nazareth, non scritto e però in vigore da duemila anni: unire le persone degne d’esser chiamate tali, e non solo i credenti d’una religione.