Dunston e Vitucci da dieci Green e Talts quasi perfetti

Ecco i nostri voti alla stagione da sogno degli “indimenticabili”

Ha riscattato una stagione in cui tante volte ci siamo ritrovati a pensare che Varese non potesse permettersi il lusso di tenersi in casa uno solo buono a tirare da lontanissimo.

Lo ha fatto con dei playoff iniziati da eroe e conclusi da martire. Il suo pianto folle dopo l’eliminazione in semifinale e l’ovazione che gli ha tributato la piazza il giorno del saluto: queste immagini lo consacrano varesino a vita. Ardito.

Nulla ci toglie dalla testa che Adrian non si sia più ripreso, almeno mentalmente, dal brutto infortunio alla caviglia patito a Pesaro. Infortunio arrivato proprio quando aveva trovato quella continuità che fino a quel momento gli era mancata. Da quel momento è bastato mettergli un po’ le mani addosso per metterlo fuori gioco. Ci ha fatto vincere tante partite, nessuna di quelle decisive. Incompiuto.

Continua a far intravedere un potenziale pazzesco, continua a dare l’impressione di essere un pezzo sul quale insistere e lavorare. Ha fatto le cose migliori quando gli infortuni dei titolari gli hanno dato più spazio, non è riuscito a dare il suo contributo quando il livello si è alzato. Rimandato.

Ormai eravamo abituati ai suoi problemi nella prima parte di campionato, a combattere con una condizione fisica dura da portare su al top. Eravamo anche abituati a vedergli fare le cose migliori negli ultimi mesi di stagione, ma questa volta ha esagerato: uomo in più nei playoff, ultimo ad alzare bandiera bianca nella sfida con Siena. Turbodiesel.

Calatosi perfettamente nello spirito che serve per indossare questa maglia, nello stile di quello che ha dichiarato essere il suo idolo di sempre: Gianmarco Pozzecco.

Patrimonio della società e del basket italiano, ragazzo umile e sfrontato capace di uscire dalla panchina e cambiare le partite a modo suo. Patrimonio.

Con buona pace di chi due anni fa l’aveva giubilato e spedito in LegaDue, Mike ha infilato la miglior stagione della sua carriera. Di fianco a un centro come Dunston gli è sembrato facile anche quello che per le persone normali è impossibile: mai meno di 5 assist a partita, la personalità per guidare la squadra. La sua conferma a cifre umane è un sogno. Scuola guida.

Se non altro per l’atteggiamento e lo sguardo che gli hanno permesso di superare mesi difficilissimi e prove che avrebbero steso anche un mulo.

É tornato in campo giusto in tempo per dare una mano nei playoff riuscendo a offrire un paio di partite “da Cerella”. Lo aspettiamo sano il prossimo anno, per dire finalmente che la scommessa fatta a suo tempo dalla società è stata vinta. Uomo.

Una stagione da capitano vero, collante della squadra in campo ma anche nello spogliatoio: un Veljko Mrsic dei giorni nostri, per intenderci.

Paga una flessione fisica che non gli ha permesso di giocare dei playoff sui livelli a cui aveva abituato tutti durante la stagione regolare: ma non si può dimenticare che buona parte del miracolo varesino è passato dalle sue mani e dalla sua testa. Capitano.

Mancato clamorosamente nei playoff: e giudicate voi se per colpa di un riacutizzarsi di un infortunio alla caviglia o che altro.

Continuiamo a ritenerlo un investimento per il futuro e chiediamo ad Achille di fare il definitivo salto di qualità. Ipoteca.

Quel giorno di luglio dell’anno scorso un extraterrestre decise di atterrare a Varese per predicare il suo verbo in un campionato con il quale lui non aveva nulla a che fare.

Miglior giocatore dell’anno per tutti fuorché per la Lega, avrebbe trascinato la sua squadra e la sua gente allo scudetto se non si fosse messa in mezzo la sfiga. Meraviglioso rimpianto.

Preso per tamponare un’eventualità che nessuno osava immaginare (infortunio di Dunston). Quando l’eventualità si è presentata, Dejan ha capito che per sostituire Dunston non sarebbe bastato nemmeno il Pat Ewing di una volta. Impotente.

In punta di piedi è entrato nel cuore di questa città, amandola e comprendendola: ecco perché la gente non vuole pensare a un domani senza di lui.

Ha parlato ai suoi giocatori con la voce del padre: ecco perché ognuno di loro, per lui, sarebbe andato nel fuoco. E se ci chiedessero di scegliere una conferma tra la sua e quella di Dunston, noi sceglieremmo Frank. Varesino.

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