Era maggio, faceva già caldo, il campionato era finito e le parole chiave che andavano per la maggiore sotto al Sacro Monte erano . Tempi di ballottaggio Iozzelli-Alberani, tempi utili per sviscerare le carriere dei due papabili con l’obbiettivo di capire chi fossero davvero i due manager con Varese nel destino.
Scrivemmo prima dell’uno, poi dell’altro, facendoci aiutare da chi li conosce bene. Di Bruno Arrigoni, invece, non si scrisse nulla: in primis perché appariva molto lontano da qualsivoglia approdo nella Città
Giardino, poi perché Brunetto – in fondo – lo si conosce già molto bene a queste latitudini, sia da “figlio” che soprattutto da “cugino”.
Un mese (abbondante) dopo, la situazione consiglia di cambiare rotta: non solo le parole chiave sono diverse – fossimo su Twitter si potrebbe azzardare con #stallo #nonchiamamai #confusieinfelici – ma l’Arrigoni di cui sopra è da qualche giorno a questa parte l’alternativa più credibile all’eterno Godot Alberani. Sarà forse il caso di ricordare chi sia? Sì, perché di notizie non pare esserci nemmeno l’ombra, nonostante lo scorrere delle ore – per una mera questione di probabilità – renda la svolta sempre più vicina.
Dovesse essere lui il direttore sportivo, Varese si porterebbe in casa un uomo che il basket lo ha guardato da diverse angolazioni, seduto su una panchina e dietro la scrivania: non trascurabile parte del segreto di un successo riconosciutogli in modo unanime deriva sicuramente da tale esperienza. Coach e scout, conoscenza del gioco e del mercato, due anime che fuse insieme danno le sembianze della completezza: si va dal settore giovanile del Simmenthal alla panchina della Fiat Torino nella pallacanestro femminile, dall’assistentato a Sandro Gamba sul pino della grande Ignis al quinto posto ai mondiali rosa di Seoul ’79. In mezzo a Verona, Pordenone, Siena, Casale, Padova, ancora Varese (vicino a Dodo Rusconi nella stagione 1996/1997) c’è tanta Cantù, sia da vice allenatore che da dirigente. E fare l’elenco dei nomi portati in Brianza da perfetti sconosciuti, con l’intento – riuscito – di renderli qualcuno, dà l’idea dell’ottimo lavoro svolto. Le tacche sul foglio delle scoperte inventate da Arrigoni sono Stonerook, Thorton e Kaukenas, seguiti da Micov, Markoishvili e Leunen, per finire con Tyus e Ragland: roba buona su cui i cugini confinanti hanno costruito annate sopra le righe, materiale che si è poi riciclato nelle fortune delle grandi, Siena su tutte. L’ultima impresa è stata l’allestimento di una Virtus Bologna capace di arrivare ai playoff pur penalizzata in classifica: anche qui poche stelle e tante azzeccate scommesse (anche di altri).