Chi ha un quarto d’ora da buttare può andare su Youtube e digitare “Progetto Fortitudo”: scoprirà una storia di tiri e di grande amarezza. Nell’epopea di una gloriosa società di pallacanestro non tutti i canestri – subiti o fatti – si equivalgono tra loro. Alcuni di essi sono gravati dal destino di un peso speciale. C’è quello da “4”, per esempio, quello che ti spezza il cuore pronto a gioire (per referenze chiamare ), oppure quello scagliato all’ultimo secondo che vale uno scudetto (qui citofonare ). Infine c’è quello dopo il quale nulla sarà più come prima: il tiro “”, un dardo che ti annienta e ti cancella dalla mappa dei parquet italiani. In questo caso, il campanello da suonare reca una scritta grande come mezza città: Fortitudo.
Della serie: quando c’è la salute, c’è tutto. Oppure: ricordiamo i nostri nemici, perché ci mancano da morire. In questo 2015 iniziato sotto cattivi auspici per Varese, capita anche di guardarsi un po’ indietro. E di ricordarsi che il sentiero percorso senza raggiungere notabili vette è, negli ultimi anni, lastricato di morti (cestisticamente parlando). Ci si sente soli.
La Fortitudo manca alla serie A dal 2009 e chissà quando riuscirà a ritornarci. In quella stagione è
retrocessa all’ultima giornata, perdendo a Teramo e scoprendo di avere un proprietario, , capace di fare promesse e di non mantenerle con la stessa fluida facilità. La ripartenza dalla terza serie gli è valsa un campionato emozionante, i playoff conquistati e quel tiro di Matteo Malaventura infilato senza alcuna logica nel canestro di Forlì. Gara tre di finale. Promozione. Seguita un mese dopo dalla radiazione. Quattordici luglio 2012: mancano i soldi per iscriversi a qualunque campionato professionistico. A quel punto chi ama la Effe ha dovuto subire pure l’onta di una scissione: due squadre, una in serie A2 pescata dal nulla rilevando i diritti di Ferrara e con presidente, l’altra in B dilettanti con i resti di Sacrati ma con l’appendice indispensabile della Fossa dei Leoni, il tifo storico.
C’era una volta la Fortitudo, poi ce ne sono state due. Ora si è ritornati fortunatamente ad una sola, con una proprietà nuova ed il quarto torneo nazionale come terreno di caccia. La squadra che fu di , e dello stesso , quella stabilmente in Eurolega a cavallo dei due secoli, ha appena spezzato le reni all’Urania Milano, veleggia al secondo posto e si appresta ad un super derby. Con l’Orva Lugo di Romagna. L’unico collegamento con il passato sta nella passione (2600 abbonati) e nel capitano .
Poco più a nord di Bologna, grazie alle triple del passaportato ed ai rimbalzi di (chi ha detto e ?), c’è una compagine che ha appena sconfitto l’Andrea Costa Imola, issandosi al primo posto in lega A2 Silver. Ha giocato davanti a più di 4.000 persone, in un palasport di nome Palaverde. E no, non si chiama Benetton Treviso, ma Universo. Lo squadrone degli anni ’90 ha incominciato a morire un giorno di febbraio 2011, quando il degli United Colors dichiarò al mondo di non aver più intenzione di aprire il portafoglio: continua solo il settore giovanile. Nel 2012 il salvataggio non riuscito, la ripartenza dalla Promozione e la creazione di un consorzio per reggerne le sorti economiche e provare la scalata. Manca ancora parecchio.
Riaprire la pagina Siena è quasi inutile: la ferita è recente. Oggi la Verbena si canta nelle palestre del Granducato di Toscana, i tifosi dei Commandos Tigre vanno in mille a Piombino e c’è un certo che domina sotto canestro. Se si ha nostalgia dei verdi pigliatutto dei primi anni 2000, si può seguire in trasferta la Robur Varese all’8 di febbraio: la Mens Sana gioca nel suo stesso campionato. Serie B.