E se fosse capitato a me? Per salvarsi serve parlare

Il commento di Annalisa P. Colombo sull’episodio di furto di dati digitali e fotografie subito da una coppia

M. mi racconta quello che è successo a lei ed alla sua famiglia, mi fermo un attimo e penso “Se fosse successo a me? Se fosse stato il mio computer ad essere hackerato?”.

Domande che sorgono spontanee perchè io (come molti altri) ho salvato le password, i file o, come spesso dico lì c’è tutta la mia vita, professionale ma soprattutto privata. Non ci deve per forza essere qualcosa di sordido da nascondere però ecco un pensiero si fa largo nella mia mente e mi ricordo quel messaggio scritto per gioco o quella foto scattata in camerino con un costume per chiedere il parere alle amiche di sempre.

E se venissero messe in rete come mi comporterei? Non è una situazione facile. Sono sotto gli occhi di tutti gli effetti che la pubblicazione di foto e video può provocare soprattutto tra i più giovani. «Dopo quello che mi è successo – mi spiega M. – è impossibile restare in silenzio».

E sono d’accordo con lei, denunciare per non essere vittima di chi per scherzo o per soldi (poco cambia) si intrufola tra le pieghe della tua vita invadendo uno spazio personale e delicato. Il problema è che, prevenire queste situazioni è davvero difficile ma non è impossibile. La voglia di venire allo scoperto di M. è la testimonianza di una persona che grida “io non voglio essere una vittima”. Perchè è di questo che si tratta.

“Dai, non essere così eccessiva” potrebbe dirmi qualcuno ma se la foto o il messaggio reso pubblico fosse di tua figlia, madre o moglie come reagiresti? Non è semplice capire come agire per questo serve parlarne, informare. Come? Organizzando incontri. «Sono sempre stata al fianco delle donne, anche prima di ricoprire un ruolo istituzionale – afferma l’assessore alla sicurezza Francesca Caruso – Per questo sarò contenta di organizzare con M. un incontro di sensibilizzazione sull’argomento».