«Eccellenza significa permettere agli studenti di tirar fuori il meglio»

Insegnare un metodo

«Entrano bambini ed escono uomini e donne, cittadini. Questa per noi è l’eccellenza». La dirigente scolastica del liceo “Crespi” Cristina Boracchi commenta così i dati dell’Eduscopio della Fondazione Giovanni Agnelli, che attesta l’istituto di via Carducci come la scuola in assoluto con la miglior valutazione in provincia di Varese. Una popolazione di 1316 studenti, divisi in 51 classi di cui 11 al primo anno (due di liceo classico, cinque di linguistico e quattro di scienze umane), e ben 102 insegnanti, il “Daniele Crespi” è un pezzo di storia di Busto Arsizio. «Per questo istituto, eccellenza significa permettere agli studenti di tirar fuori il meglio di sé – sintetizza la “preside” Boracchi – non solo il voto più alto, ma la realizzazione umana e da studente dei ragazzi.

È vero, puntiamo a risultati di alto profilo, e la Fondazione Agnelli ci sta premiando già da tempo. Il classico è l’ordinamento di punta, ma nelle scienze umane non abbiamo ancora avuto i nostri ragazzi usciti dall’università: credo che emergeranno anche lì dati lusinghieri, perché i nostri diplomati in scienze umane si iscrivono all’università a fisica, ingegneria, medicina». Risultati confermati anche dai dati Invalsi, «che segnalano performance notevoli anche in matematica», e Almadiploma, che “legge” il percorso dello studente fino all’inserimento

nel mondo del lavoro, «con risultati molto lusinghieri, sia come gradimento della scuola ma anche come placement dopo la laurea, perché siamo una scuola che offre competenze trasversali e dà la possibilità di accedere a diversi ambiti lavorativi». Una formazione a 360 gradi: «Molto solida, grazie a due fattori – spiega la dirigente – da un lato, insegnanti di ruolo da molto tempo con una solidità formativa importante, dall’altro studenti che, se scelgono il Crespi, sono motivati al lavoro e quindi lavorano moltissimo per ottenere risultati alti. È vero che siamo un polo liceale umanistico, ma abbiamo impostato la formazione sul piano della omogeneità e della preparazione su tutti i versanti, umanistico, filosofico e scientifico. Puntiamo sui tre blocchi per mantenere alte le possibilità di riuscita e le opportunità di accesso ai corsi universitari». Ma il “Crespi” è ormai anche un fatto di orgoglio, per chi ci è passato: «Un orgoglio di appartenenza che non è fatto di proclami roboanti o di video su Youtube, ma sempre con un certo understatement – ammette Cristina Boracchi – crediamo sia opportuno fare bene il proprio lavoro, perché poi lo vedono all’esterno. È una logica di semplicità, dove nel lavoro quotidiano i risultati alla fine vengono fuori. E la soddisfazione è vedere i ragazzi che tornano dopo il primo anno di università e dicono di aver passato gli esami in un soffio. Perché il senso di sicurezza, l’aver imparato un metodo di lavoro è quello che caratterizza chi esce da qui». La meritocrazia nel concreto: «È dare merito al lavoro di ciascuno per quello che ciascuno può dare – sintetizza la preside – l’eccellenza tarata sul singolo: c’è una forte tensione alla personalizzazione, per far esprimere l’identità di ciascun ragazzo al meglio». Tutti: perché uno dei vanti del “Crespi”, fa notare Boracchi, è «averla resa accessibile a fasce sociali che non potrebbero permettersi di investire su una formazione a lungo termine, grazie alla Fondazione Liceo Crespi, ora una onlus. Nel giro di un decennio abbiamo registrato l’accesso al liceo con speranze e aspettative migliorative di vita e di professione: sono questi i ragazzi che non voglio perdere. Perché la missione di una scuola pubblica di Stato è quella di far scattare l’ascensore sociale».