Il papà senza il quale questa festa della pallacanestro non avrebbe luogo, Paolo Vittori, che dall’alto fotografa gli atleti che scendono in campo per la premiazioni, emozionato come se fossero tutti suoi figli. E poi Pozzecco e Diawara che fanno il pieno di autografi e scatti, un derby tra le due più fulgide realtà giovanili varesine da stropicciarsi gli occhi per pathos e contenuti tecnici e il mosaico colorato “costruito” dalla sfilata dei partecipanti a fine gara: roba da riconciliarti con il basket e con la speranza nel futuro.
/>Immagini sparse dal Garbosi, splendido nel suo rush finale vissuto nella giornata di Pasquetta. A renderlo tale ci hanno pensato i protagonisti, quegli 800 che da tutta Italia hanno corso per il campo prima di sedersi sullo stesso e formare la variopinta cornice del gran finale. Poi gli spettatori, innumerevoli a dimostrare l’affetto che questa manifestazione porta con sé, qui dove la palla al cesto è religione e i piccoli interpreti diventano discepoli da formare, vedere e celebrare: «Siete stati un bellissimo esempio per tutti noi – afferma, rivolto ai giovani in attesa di essere premiati, Fabrizio Garbosi, erede di quell’Enrico primo allenatore scudettato della storia biancorossa e leggenda cui il torneo è da sempre intitolato – Grazie: siete stati capaci di emozionarci». La riverenza va anche alle famiglie, fondamentali ogni anno nel rinnovare un’ospitalità che profuma di casa e di amicizie che resistono al tempo, poi ritorna al Gioco, quello scritto con la maiuscola perché interpretato magistralmente dalle nuove leve.