Il Cairo, 6 lug. (TMNews) – Cinque mesi dopo la caduta del regime di Hosni Mubarak, gli egiziani torneranno venerdì in piazza Tahrir, al Cairo, per dare di nuovo voce al crescente malcontento di fronte alla gestione, da parte delle forze armate, della transizione verso l’agognata democrazia.
Ex funzionari del regime impuniti, un calendario elettorale
contestato, un crescente numero di processi a carico di civili
portato davanti alle corti militari: è l’esercito, oggi,
l’obiettivo dei movimenti che hanno dato origine alla rivolta.
“Vogliamo sia fatta davvero pulizia, vogliamo dei veri processi,
un vero governo” ha scritto sulla sua pagina Facebook la
Coalizione dei giovani della rivoluzione, principale federazione
dei movimenti degli internauti, che hanno dato il via alle
proteste di gennaio. Per uno dei suoi membri, Mustafa Shawky,
“bisogna dire chiaramente che la politica non è un affare per
l’esercito”.
“Questo Paese deve cambiare e i corrotti devono essere giudicati” avverte una delle voci più influenti del movimento, la pagina Facebook “Siamo tutti Khaled Said” – dal nome di un giovane di Alessandria d’Egitto ucciso nel 2010 durante alcuni scontri con la polizia – che incita a scendere in piazza.
L’Associazione nazionale per il cambiamento, vicina a Mohamed ElBaradei, chiede “la fine della riedizione dei metodi repressivi dell’antico regime”. E un’associazione di giovani salafiti (fondamentalisti musulmani) si è unita agli appelli a scendere in piazza. Manifestazioni sono previste in tutto il Paese, in particolare nell’emblematica piazza Tahrir del Cairo, luogo d’origine della rivolta. Non hanno invece aderito i Fratelli musulmani: “Ci sono stati già abbastanza scontri e problemi in strada, recentemente. Non vogliamo essere implicati” ha dichiarato un portavoce del movimento, Mahud Gozlan.
Il rinvio dei processi a carico di numerosi poliziotti – alcuni scarcerati su cauzione – accusati di aver ucciso dei manifestanti nel corso delle proteste ha riacceso il sentimento d’ingiustizia in molte persone. Il rilascio, ieri, di tre ex ministri di Mubarak, accusati di corruzione, ha aggravato la frustrazione tra la popolazione.
La scelta di tenere a settembre le prime elezioni politiche dell’era post-Mubarak è ugualmente criticata da molti militanti, che credono che uno svolgimento così precoce del voto possa solo fare il gioco dei Fratelli musulmani, il movimento al momento più strutturato. Molte voci si sono alzate per chiedere anche la stesura di una nuova Costituzione prima delle elezioni, per garantire le fondamenta di una democrazia.
(con fonte Afp)
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