«Ergastolo per l’assassino di Laura Prati»

Questa è la richiesta del pm Nadia Calcaterra per Giuseppe Pegoraro: «Quel giorno voleva uccidere». La difesa ribatte: «Non fu un’esecuzione». Si torna in aula il 3 marzo, la sentenza verrà letta il 14 aprile

– «Ergastolo per Giuseppe Pegoraro». È la richiesta di pena fatta ieri mattina dal Pm di Busto Arsizio, al termine di una lunga requisitoria nella quale ha confermato la modalità dell’esecuzione. Giuseppe Pegoraro è l’ex vigile urbano di Cardano al Campo che il 2 luglio del 2013 esplose all’interno del municipio dei colpi d’arma da fuoco contro il sindaco e il vicesindaco . Dopo alcuni giorni Laura Prati morì.

In aula ieri c’era anche Pegoraro: ha ascoltato il Pm senza proferire parola. Nella precedente udienza aveva letto una lettera di perdono alle persone che avevano sofferto per colpa del terribile delitto. Per Pegoraro, a giudizio con l’abbreviato (sono stati decurtati i 18 mesi di isolamento che il Pm aveva aggiunto alla richiesta di ergastolo), il Pm non ha fatto sconti chiedendo il massimo della pena. Per Nadia Calcaterra, infatti, Pegoraro voleva uccidere: «A causare la dissecazione della pica –

ha spiegato il Pm – fu il colpo che il sindaco Prati ricevette alla testa dopo che Pegoraro esplose il primo colpo facendola cadere. L’emorragia fu ritardata solo perché la vittima rimase sedata per alcuni giorni».
Il Pm ha insistito sulla tesi dell’esecuzione: «Voleva ucciderla – spiega – anche perché quando è a terra ha esploso altri due colpi indirizzati all’addome, quindi verso dei punti vitali. C’è da sorridere d’imbarazzo quando si dice che se Pegoraro avesse voluto uccidere sarebbe entrato in Comune con un fucile». C’è un’intercettazione ambientale che secondo il Pm darebbe forza alla tesi dell’accusa con Pegoraro che parlando di Iametti disse che era solo un ostacolo verso il suo obiettivo. La chiave della vicenda giudiziaria sta nella consequenzialità tra causa ed effetto: la Procura è convinta che il nesso causale sia lampante, e quindi che gli spari abbiano determinato la morte della Prati.

Per la difesa non è così. «Sinceramente – spiega il legale che difende Pegoraro, – non sono d’accordo con la dinamica espressa dalla Procura. Esecuzione è una parola grossa, normalmente si usa per un plotone di esecuzione e così via. La richiesta all’ergastolo fatta dal Pm non mi trova per nulla d’accordo, è una richiesta che non sta in piedi e lo diremo in aula. Se avesse voluto uccidere la signora Prati lo avrebbe fatto. Ce l’aveva davanti, ma non spara per uccidere. Non è assolutamente un’esecuzione. Escludo la volontà di uccidere».
Erano presenti come al solito i familiari di Laura Prati e Iametti: «Ogni volta che ricostruiscono i fatti – dice , marito della Prati – si rinnova il dolore». «Per me – ripete addolorato Iametti – quel che conta è che in questo momento Laura, una donna straordinaria, non c’è più». Si torna in aula il 3 marzo quando parleranno le parti civili. Poi il 24 marzo sarà il turno della difesa e il 14 aprile verrà letta la sentenza.