– Ecografia non urgente, «torni a settembre». Ma se si paga, «c’è posto il giorno dopo». L’indignazione di una paziente: «Ma che razza di sanità pubblica è questa?». Il direttore generale però invita a «non generalizzare».
Il caso capitato in ospedale a Busto Arsizio a , manager bustocca, ha del paradossale. Qualche domenica fa accusa un lieve malore e si fa visitare al pronto soccorso, che le prescrive una serie di accertamenti diagnostici per capire di cosa potesse essersi trattato.
«Così vado all’ospedale di Busto Arsizio a prenotare un’ecocardiografia richiesta dal pronto soccorso, con priorità “D” sull’impegnativa del medico curante – racconta la donna – Prima data disponibile, il 18 settembre. E già lì, dico: il 18 settembre… devo aspettare più di sei mesi per sapere perché sono stata male?».
Ma il bello è che le viene proposto anche di «fare l’esame privatamente al costo di 70 euro. Me lo prenotano il giorno dopo, sempre nello stesso ospedale».
Ed è qui che scatta l’indignazione contro la tanto sbandierata «eccellenza» della sanità lombarda: «Ma che razza di sanità pubblica è questa? – denuncia Daniela – se paghi hai subito l’appuntamento, altrimenti devi aspettare per mesi. E in entrambi i casi gli esami vengono fatti con gli stessi macchinari che abbiamo pagato con le nostre tasse? Ma se è così, allora è meglio fare come in Svizzera. Fateci pagare direttamente tutto, forse alla fine ci costerà meno».
Per inciso, secondo la Regione, una prestazione “D” (che sta per “differibile”) dovrebbe essere eseguita «entro 60 giorni». Ma è evidente che, come sottolinea il presidente della commissione sanità di Regione Lombardia , «nonostante l’allargamento degli orari di apertura degli ambulatori, il problema delle liste d’attesa non è ancora stato risolto».
«Con la riforma sanitaria potrà esserci un miglioramento – aggiunge – sia perché alcune prestazioni che oggi sono “intasate” negli ospedali verranno spostate sul territorio, sia perché l’ottimizzazione del sistema libererà risorse per risolvere le criticità».
D’altra parte, ricorda Rizzi, «la libera professione “intra moenia” in ambiente ospedaliero, cosa che mi rendo conto non sia capita dal cittadino, è un’offerta in più che consente di sfruttare macchinari che altrimenti sarebbero fermi e inutilizzati».
Da parte sua, il direttore generale dell’azienda ospedaliera di Busto Arsizio invita, da un lato, a «valutare queste situazioni senza generalizzare, tenendo conto che il miglioramento delle performances della nostra azienda è certificato dai numeri», dall’altro a «farsi guidare dagli addetti dei Cup nella scelta delle strutture. Se all’ospedale di Busto l’attesa per un’ecografia è di sei mesi, in un’altra struttura pubblica del territorio potrebbe essere sensibilmente inferiore».