Nel 1992 una legge vieta l’utilizzo e la produzione dell’amianto. Nel 1994 arriva la prima norma che impone di censire tutte le strutture pubbliche con presenza di amianto di matrice compatta o friabile.
Nel 1996, oltre alla mappatura, viene imposta la verifica dello stato di conservazione delle coperture in eternit.
Secondo il professor , docente di Tossicologia Ambientale all’università dell’Insubria, «l’amianto è un problema serio. Basta una fibra per creare l’insorgere di una neoplasia alla pleura a chi viene esposto. Sono, infatti, in aumento le patologie nei soggetti ambientalmente esposti, come impiegati e insegnanti, a discapito di una diminuzione significativa di casi da esposizione professionale all’amianto».
Sono due, infatti, le forme di inquinamento che possono nuocere alla salute dell’uomo. «Un inquinamento primario, quello cioè derivante da una sorgente definita come, ad esempio, la presenza di una tettoia rivestita in cemento-amianto in centro città, e un inquinamento secondario».
«In questo caso – prosegue il docente – le fibre che si distaccano dalla copertura vanno sull’asfalto, si sfibrano a causa del passaggio di automobili e vetture, diventano più piccole e vengono trasportate in giro dall’aria. Questo secondo tipo di inquinamento è il responsabile della “trigger dose” (dose grilletto) che uccide anche chi non ha avuto un’esposizione diretta alle fibre».
Ma anche il professor Cavallo ritiene che l’operazione di bonifica e smaltimento sia economicamente poco sostenibile soprattutto per le aziende già schiacciate dalla crisi economica. Colpa anche della normativa prevista nel piano regionale per lo smaltimento dell’amianto risalente al 2011.
«La normativa prevede l’obbligo di appoggiarsi a ditte specializzate – precisa – Nonostante Regione Lombardia abbia stanziato dei finanziamenti spalmati su tutti i comuni per agevolare i privati che posseggono aree che necessitano di rimuovere e smaltire l’amianto, avendo poi questi l’obbligo di appoggiarsi a ditte specializzate che impongono per tutta la procedura di bonifica (analisi sullo stato dell’amianto, progettazione per la sua rimozione, autorizzazione a procedere, rimozione e smaltimento) costi elevati, i finanziamenti pubblici risultano irrisori».
Ma non solo, i costi lievitano perché gli impianti dedicati a inertizzare l’amianto si trovano nel nord Europa. «L’Italia ha speso fior fior di milioni per mandare le “big bag” (i sacchi bianchi) nelle miniere di salgemma in Germania dell’est».
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