«Gli Usa di Trump? Se riuscirà a fare la riforma del fisco, cresceranno. L’Europa invece non può continuare a crescere con gli “steroidi” del quantitative easing di Draghi…». La lezione di , professore di economia alla Fordham University di New York, ospite ieri del professor all’università Liuc.
Ci preoccupiamo tanto di Trump e delle sue politiche, ma dovremmo fare un po’ di più i conti a casa nostra: la sintesi del professor Salvatore, che sfata molti “miti” negativi sul presidente Usa e mette in guardia sul destino dell’economia europea. «Le previsioni del Fondo Monetario Internazionale dicono che gli Usa cresceranno del 2,2 e del 2,3% quest’anno e il prossimo, mentre l’Europa del 2,1 e dell’1,9% – spiega Salvatore – Però è anche sicuro che gli Stati Uniti quest’anno
sono già al almeno al più 2,5%, viste le performance degli ultimi trimestri, attorno al 3%, e l’Fmi ha sempre sopravvalutato la crescita europea e sottovalutato la crescita americana. È vero che l’Europa cresce, ma è al massimo del ciclo: non si può continuare con i tassi d’interesse nominali negativi e il quantitative easing, con cui Draghi ha “raggirato” i tedeschi, finanziando le banche per far acquistare i titoli di Stato. Non si può continuare a crescere con gli steroidi, perché aumentano il debito pubblico e creano una bolla speculativa».
C’è da abituarsi, perché il professore americano sottolinea che «la nuova normalità è la crescita lenta. Una normalità reale, non come quella di prima, ma imparagonabile con il passato». Negli Usa però c’è la “scommessa” di Trump su una crescita a ritmi alti: «Se riuscirà a fare la riforma del fisco, la crescita Usa potrà essere più sostenuta – ammette Salvatore – Trump poi vuole aumentare la produttività abbattendo le eccessive regolamentazioni. Non si rende conto di quanto in Europa siamo massacrati dalle regole. Di fronte a duemila imprenditori di Treviso dissi “voi non siete Cavalieri del lavoro, voi siete eroi del lavoro. Se doveste rispettare tutte le regole, dovreste chiudere tutti”».
L’Italia, appunto: il “Distinguished Professor of Economics” della Fordham, dove dirige il PhD Program in economia e il Centro per le politiche economiche globali – lui che è nato in Italia nel 1940 come Domenico Salvatore, madre piemontese e padre abruzzese, da 60 anni negli Usa fino ad esserne diventato cittadino – non è molto fiducioso.
«L’Italia sta crescendo ma è sempre il fanalino di coda – ammette – Se non ci fossero le capacità, ci metteremmo anche l’anima in pace: ma negli anni dal ‘90 al 2000 l’Italia aveva un tenore di vita Pil pro capite superiore a quello inglese e francese, senza le grandi imprese, le infrastrutture di prima categoria e la scuola di pubblica amministrazione che la Francia ha. Allora sembrava un miracolo, oggi stiamo vendendo il miracolo. Perché le imprese sono difficilissime da gestire con regolamentazione e tasse, mentre i gioielli li vendiamo ai cinesi».