Fabio Aru vince il campionato italiano da campione, da campione vero. Se ne va sull’ultimo passaggio sulla salita de La Serra e arriva in solitaria con oltre 40’’ sui primi inseguitori. Gli bastano due scatti, di quelli secchi, ben assestati; non resiste nessuno, se ne va in completa solitudine: 17 chilometri di assolo spettacolare, un soprano dei cui acuti in salita sentivamo la mancanza.
L’arrivo è di quelli densi di emozione, di significato, di dediche: poco dopo la linea del traguardo ad aspettarlo c’è la fidanzata Valentina, in lacrime già da prima che il sardo tagli il traguardo. C’è Paolo Tiralongo, gregario di una vita, che non ha partecipato per un infortunio: le lacrime di Valentina si mischiano a quelle di Fabio appena alza le braccia al cielo sul traguardo di Ivrea. L’esultanza è sfrenata, prima un pugno di rabbia e poi le dita ad indicare il cielo, l’infinito, perché se c’è una dedica da fare è a Michele Scarponi, a poco più di due mesi dalla sua scomparsa.
In un giorno solo, passano davanti agli occhi i giorni e le delusioni di una stagione che finora era stata densa di sfortuna: l’infortunio al ginocchio prima del Giro, quel Giro che avrebbe corso da capitano e che partiva dalla sua Sardegna. Una botta troppo forte da digerire. Una mazzata a cui si è aggiunta la tremenda morte di Michele Scarponi, compagno di squadra, amico, fratello. In un giorno solo, Fabio si è preso la gioia che gli era mancata nelle ultime due stagioni e ha ritrovato il sorriso, quel sorriso che merita più di chiunque altro ora.
Nelle sue parole c’è tutta la soddisfazione dopo un momento che definire difficile è un eufemismo: «Sono felice e anche emozionato perché ho vissuto dei momenti difficili quest’anno. Ringrazio la mia famiglia che mi è stata sempre vicino. La tattica era questa: dovevo attaccare subito ai piedi alla salita. È andato tutto come previsto. Inizialmente il Tour de France non entrava nei miei piani però dopo l’infortunio abbiamo deciso di tornarci e sono felicissimo di andarci con la maglia Tricolore e la forma che ho adesso».
Alle sue spalle sono arrivati insieme 4 corridori: secondo Diego Ulissi, terzo un rinato Rinaldo Nocentini, quarto un ottimo Damiano Caruso e quinto un sempre più sorprendente Gianni Moscon, che dopo il titolo tricolore a cronometro si è confermato tra i migliori, mostrando una grande gamba.
Ora Fabio Aru si presenterà al via del Tour de France con la forma migliore, con la condizione psico-fisica più brillante della sua carriera: giusto tre anni fa, era il 2014, Vincenzo Nibali conquistò ai piedi della Basilica di Superga il suo primo titolo tricolore e un mese dopo sugli Champs Elysees trionfò davanti a Peraud e Pinot. Nibali arrivò da solo, così come Aru: quel giorno partì la sua rincorsa alla Grand Boucle. Non sarà facile per Aru ripetere l’impresa del suo rivale-amico, ma se queste sono le premesse, il “cavaliere dei quattro mori” ci farà divertire.
Giornata in chiaroscuro per i tre alfieri varesini: Luca Chirico è scivolato in discesa dopo la prima salita della Serra e, anche per conseguenti problemi meccanici, non è più riuscito a rientrare in gruppo. Edward Ravasi ha messo in mostra una grandissima gamba sul primo passaggio sulla Serra, è stato uno dei primi a rispondere al forcing del Team Sky: per ordini di scuderia si è fermato ad attendere il capitano Diego Ulissi quando ha forato, e lo ha ricondotto in gruppo. Uno sforzo che gli ha impedito di restare poi con i migliori, fermandosi a un giro dalla fine. L’unico a concludere la fatica è stato Ivan Santaromita, che ha chiuso in 38a posizione a 8’56” da Aru: Santino ha tenuto le ruote dei migliori fino al terzo giro, poi il ritmo imposto dall’Astana lo ha costretto a desistere. Prova comunque lodevole la sua.
Tra le donne, è arrivata il primo tricolore in linea per Elisa Longo Borghini, che ha fatto il bis dopo la vittoria a cronometro.