Eppur si muove. L’Osservatorio del lago di Varese ritorna a funzionare, almeno nella sua formazione scientifica: lunedì mattina si è tenuta nella sede della Provincia una riunione di tecnici rappresentanti dei comuni rivieraschi, di Villa Recalcati e della Regione, alla presenza anche di Asl e Arpa.
Dalle relazioni dei componenti è emersa una sostanziale stazionarietà delle condizioni relative all’inquinamento del bacino. Le ultime analisi effettuate avrebbero indicato – nei punti vicino agli sfioratori di piena e nel mezzo del lago – ancora un’elevata concentrazione di cianobatteri, mentre non sono state riscontrate presenze di enterococchi fecali.
I primi – l’Azienda sanitaria locale lo aveva già ribadito nelle scorse settimane – sono potenzialmente produttori di tossine dalla rilevante tossicità, della quale, tuttavia, non è stata accertata traccia, almeno nelle zone oggetto del controllo.
Dal consesso emergerebbe anche la permanenza di una marcata eutrofizzazione delle acque, vera responsabile delle fioriture abnormi dell’ultimo mese. Non potrebbe essere altrimenti: ci sono scarichi fognari diretti che ancora insistono nel lago, oltre alla già più volte osservata inadeguatezza degli scolmatori in caso di forti piogge.
La consapevolezza del fatto da parte dei tecnici presenti all’assemblea è testimoniata dal tentativo di approntare una mappa completa delle fogne incriminate, con la collaborazione delle singole amministrazioni. Potrebbe essere questo il primo passo nella cura del malato?
È una domanda che rimane sospesa, in attesa che venga convocato l’Osservatorio vero e proprio, capace di dare una spinta politica ad eventuali interventi.
Ci sono anche altre questioni inevase e di una certa importanza: la fauna ittica è “toccata” dall’inquinamento? In altre parole: i pesci – – o almeno quelli ancora commercializzati alle nostre latitudini – si possono mangiare come si faceva prima dell’esplosione algale?
In occasione dell’incontro organizzato dalla Cooperativa dei Pescatori presso il fiume Bardello alcune settimane or sono, i professionisti emuli di San Pietro – confortati dall’opinione del professor dell’università dell’Insubria – avevano escluso qualsiasi problematica: si possono consumare, evitate solo il pesce crudo.
Quello che manca, però, è una voce che rassicuri ufficialmente, in primis i clienti della pesca nostrana, evitando un danno enorme ai pescatori del lago che chiedono solo di poter svolgere il loro lavoro senza problemi e senza rimetterci.
Lo invoca a gran voce il sindaco di Cazzago Brabbia,: «Il 12 ottobre organizzeremo una festa del pesce in carpione – afferma – Vorremmo che fossero gli esemplari del nostro bacino ad essere offerti al pubblico che converrà. Chi di dovere dia una risposta definitiva».
La sua preoccupazione è ovviamente orientata anche a proteggere la Cooperativa dei Pescatori da danni economici ingiustificati: «Fare chiarezza su questo argomento è la priorità – continua il primo cittadino – Si proceda poi a convocare finalmente l’Osservatorio. Va fatto in tempi brevi: non più di due settimane».
A quel punto si scopriranno le carte: «Lo auspico da tempo: solo in quell’ambito si potrà discutere di ciò che è doveroso fare, di quanto questo costi e di come metterlo in pratica».
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