Se gli uomini di Beppe Sannino sono stati gli Unici a compiere il miracolo di trascinare il Varese dalla Seconda divisione alla B, anche altri biancorossi sono stati capaci di suscitare emozioni così forti nel cuore dei tifosi e il loro ricordo rimane vivissimo dopo oltre tre decenni. Il riferimento è a quella meravigliosa squadra che Eugenio Fascetti aveva saputo ricostruire dopo la retrocessione della stagione 1978-1979, aprendo un ciclo virtuoso.
«Piccola Olanda», «Calcio Fantasia», «Casino Organizzato»: chiamatelo come volete, ma il Varese di Fascetti resta, ancor oggi, un’icona. Uno splendido esempio di calcio totale e al tempo stesso un assordante inno alla gioia per tanti tifosi biancorossi. Nato nel campionato di C1 1979-1980, vinto davanti al Rimini con 48 punti, 16 vittorie, altrettanti pareggi, 2 sconfitte, 45 gol fatti e 21 reti subite. Cifre di un’ispiratissima squadra, irruente e combattiva in ogni reparto e con tre i varesini purosangue in gruppo: Bruno Limido, Luca Pellegrini e Franco Salvadè.
Per Fascetti, rimasto in biancorosso dal 1979 al 1983, quel suo Varese è il migliore della storia: «Anzi – dice l’allenatore – è la miglior squadra che ho allenato nella mia carriera e una delle migliori di sempre della serie B». L’avventura del tecnico era incominciata con una retrocessione: «Nel corso della stagione 1978-1979 subentrai a Rumignani: non fu possibile evitare la C ma l’anno dopo ci riscattammo». Con la promozione a cui abbiamo accennato prima: «Trovammo gli anziani giusti, come Cerantola e Martina, a cui affiancare ragazzi splendidi, da Limido a Pellegrini, da Mauti a Turchetta. Era uno squadrone, destinato, dopo aver vinto la C1, a passare subito in A ma il doppio salto non fu possibile per le numerose cessioni decise dalla società».
Il primo campionato di B dell’era Fascetti può ricordare quello che sta per affrontare il Varese di Stefano Bettinelli perché anche allora i biancorossi erano dovuti ripartire dai giovani: «Il vivaio era floridissimo e non fu difficile lanciare altri talenti, come Facchini. Il torneo del ritorno in B fu abbastanza duro ma molto utile per coltivare il Varese dell’anno successivo: quello a cui è stata rubata la A. Fu un furto, una vergogna perché, oltre al Verona, sarebbero dovuti salire Bari e Varese e non Pisa e Samp, che non c’entravano nulla».
Fascetti ha lanciato il cosiddetto «Casino organizzato», formula su cui si dilunga, non senza polemica: «Il nostro modo di giocare è stato chiamato anche così e in effetti era senza ruoli fissi perché sapevamo essere sempre imprevedibili. Oggi c’è grande ignoranza da parte dei giornalisti che in tv parlano di «squadre camaleontiche» come se fossero una novità. Ricordatevi che l’aggettivo camaleontico è di Fascetti perché il mio Varese sapeva cambiare aspetto in ogni momento della partita. Ad aprire la strada verso questo tipo di calcio è stata la mia squadra e quella di qualche altro collega, come Sonetti».
Nel calcio ci vuole coraggio e chi ne ha di più vince: «Non bisogna avere paura – dice Fascetti – di lanciare i giovani. Se il Varese troverà gli anziani giusti per la prossima stagione potrà dare spazio a tanti ragazzi che devono crescere e farsi le ossa, come accadeva nelle mie squadre». Stefano Bettinelli è stato uno dei tanti talenti del vivaio biancorosso e a 16 anni si era fatto conoscere anche da Eugenio Fascetti.
Una volta, durante una partitella fra gli Allievi e la prima squadra, aveva steso Vincenzo Di Giovanni e il sanguigno tecnico toscano aveva sgridato Bettinelli per il ruvido intervento ma subito dopo gli aveva detto: «Ragazzo, hai i numeri per diventare un giocatore vero». Fascetti si ricorda bene di Bettinelli: «Ce l’ho ancora in mente e, anzi, a casa ho gli appunti con i test che lo riguardano: era un buon atleta e adesso è sulla panchina che ho tanto amato. In bocca al lupo».
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