Fenomeno Sonohra a Varese «Meno elettronica e più vita»

CASTIGLIONE OLONA I Sonohra partono da Varese per il loro tour acustico. Per il primo concerto sono approdati all’Andy live di Castiglione Olona, con il bassista Luciano Santoro, new entry dall’ultimo progetto che prevede tre musicisti su un palco faccia a faccia con il pubblico.
Niente Sanremo, tante esibizioni dal vivo e la tv nei prossimi progetti di Diego e Luca.
«La decisione di intraprendere un tour di questo tipo è nata da tanti motivi –

spiegano i fratelli di Verona – Per prima cosa volevamo proporre uno spettacolo senza elettronica, che comunque non sdegnamo visto che lo show estivo è molto rock, energetico e con tanta musica elettronica. Volevamo proporre, oltre ai nostri pezzi riarrangiati, tante cover di canzoni che ci hanno influenzato negli anni».
Quasi un viaggio a ritroso nel tempo. «Sono gli stessi pezzi che eseguivamo in passato nei concerti nei pub. È un modo per raccontare ai fan come sono nati i Sonohra, ma anche per toglierci la nomea di teen band, vista l’età più matura, e proporre pezzi adatti a un pubblico vario». Intanto il tour “elettrico” è andato bene registrando diversi sold out.
«È uno spettacolo diverso in sintonia con il progetto del nuovo album “La storia parte da qui”». Nella scaletta dei Fainello ci sono anche i brani dell’ultimo cd, arrivato a due anni di distanza dal precedente lavoro, che nel loro percorso ha segnato una svolta notevole dal punto di vista musicale e non solo.
«È un progetto diverso, auto prodotto. Abbiamo intrapreso una strada rock, ma non con una decisione a tavolino, si è trattato di una scelta dovuta a una nostra personale maturazione».
Lo si capisce dalle tematiche impegnate dei testi, spesso con spunti dall’attualità e risvolti sociali come il testo che parla dell’abuso su minori. «In “Liars” diamo dei bugiardi ai politici che hanno deluso, con tante promesse non mantenute. In “La storia parte da qui”, c’è un messaggio di speranza che sottolinea quanto solo noi siamo padroni del nostro destino e dobbiamo lottare per ottenere ciò che vogliamo. Parliamo del disagio. È nato tutto spontaneamente, forse è un effetto della crisi: la gente è più incazzata e anche musicisti lo sono».
L’ultimo lavoro in studio vanta importanti collaborazioni. «Con Hevia è nata casualmente. Volevamo rendere “Si chiama Libertà” un brano più folk rispetto al provino. Abbiamo campionato una cornamusa e pensato che fosse l’interprete ideale».
La canzone che dà titolo all’album è stata scritta da Finardi, un’altra da Enrico Ruggeri segno della capacità interpretativa e cantautorale, a un tempo, dei ragazzi di Verona. «Abbiamo collaborato per alcuni testi con altri autori, ma il nostro “assetto” è invariato».

Il servizio completo sul giornale in edicola domenica 13 gennaio

s.bartolini

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