Potenza, 24 ago. (Apcom) – “Signor presidente, ci rivolgiamo a Lei, quale massima carica dello Stato e supremo garante della Costituzione per sottoporre alla sua attenzione una vicenda che non lede soltanto i nostri diritti di cittadini e di lavoratori ma colpisce direttamente i diritti collettivi e generali degli operai e dello stesso sindacato a cui siamo iscritti”. Comincia così la lettera che i tre operai licenziati dalla Fiat, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, hanno scritto al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, affinché intervenga per “garantire il libero esercizio dei diritti sindacali nonché dei diritti costituzionalmente riconosciuti a tutti, all’interno dello stabilimento Fiat Sata di Melfi”.
I lavoratori, due dei quali delegati sindacali della Fiom, hanno scritto che la decisione della Fiat Sata di non reintegrarli al posto di lavoro “è una palese violazione dell’articolo 28 della legge 300/70 e della norma penale da esso richiamata. In uno Stato di diritto – continua l’appello – non dovrebbe essere neppure consentito di dichiarare a tutti (stampa compresa) di voler disattendere un provvedimento legalmente impartito dalla autorità giudiziaria con ciò mostrando disprezzo per la Costituzione e per le leggi civili e penali del nostro ordinamento giuridico”.
“Signor Presidente – hanno aggiunto i tre operai – per sentirci uomini e non parassiti di questa società vogliamo guadagnarci il pane come ogni padre di famiglia e non percepire la retribuzione senza lavorare. Questo non è mai stato un nostro costume, né come semplici operai né come delegati sindacali aziendali, – hanno concluso – avendo sempre svolto con diligenza e professionalità il nostro lavoro”.
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