Marco Caccianiga ha un rapporto particolare con il mondo del calcio, specialmente con il calcio italiano. Insieme a lui, notoriamente appassionato tifoso del Brasile, ripercorriamo brevemente la bruciante esclusione dell’Italia dal prossimo Mondiale in Russia 2018: «Se parliamo della partita, c’è stata anche una componente di sfortuna. Ha giocato contro la peggiore squadra che abbia mai visto giocare, mi fa inorridire che questa Svezia vada ai Mondiali, è una bruttura clamorosa. Probabilmente il punto è il solito discorso,
ovvero che l’Italia ha gestito il girone quasi rassegnata di arrivare seconda. Penso si potesse osare un pochino di più contro la Spagna, che non era imbattibile a mio parere. Però se poi in 180 minuti non fai gol a delle chiaviche come gli svedesi, non c’è molto da dire. Anche il Brasile nel 2001 rischiò di restare a casa dai Mondiali, era una squadra inguardabile che si qualificò all’ultima partita contro il Venezuela, e vinse però quei Mondiali. Poi, da “ignorante” in materia, mi chiedo come mai non sia entrato Insigne: è uno dei pochi a saper giocare al calcio, mi lascia basito che sia rimasto in panchina quando devi vincere e lui è l’unico a poter cambiare la partita».
Ora, inevitabilmente come da costume italiano, inizia il turbinio di voci, di polemiche, di calcio da rifondare, di scarico di responsabilità. Un cortocircuito, insomma: «A me questa situazione fa sempre ridere, perché iniziano le dietrologie e arrivano i professori e i soloni del calcio. Il mondo del calcio è governato dai procuratori e non potrà mai cambiare. Ripartiamo dai settori giovanili? In alcune categorie i ragazzini si presentano già con il procuratore. Si poteva cambiare eleggendo al tempo Albertini al posto di Tavecchio che, con tutto il rispetto, ha lasciato tutto in mano alle vecchie eminenze grigie del pallone».