Ieri pomeriggio, le commissioni II Affari istituzionali e III Sanità del Consiglio regionale, in seduta congiunta, hanno decretato a maggioranza lo stop alla legge di iniziativa popolare sul fine vita presentato dall’associazione Luca Coscioni, votando la relazione del presidente della seconda commissione Matteo Forte, che afferma l’incompetenza del Consiglio regionale sulla materia.
Al contrario, la relazione di minoranza, votata da Pd, M5S, AVS, Patto civico, Lombardia Migliore e dal consigliere Giulio Gallera, ma bocciata dalla maggioranza, afferma la competenza della Regione sul dettato della legge, che riguarda non il diritto, già affermato da due sentenze della Consulta, ma la procedura sanitaria con cui persone in determinate condizioni di salute, possono accedere al suicidio medicalmente assistito. Una materia, questa, che attiene alle competenze regionali. In Aula, a metà novembre, il testo di legge approderà quindi con la richiesta di non passaggio alla discussione. Di fatto, la bocciatura.
“Come Pd – spiega il consigliere regionale Samuele Astuti – ci siamo fatti carico di raccogliere le diverse sensibilità per arrivare ad approvare, anche apportando modifiche migliorative, la legge proposta dall’associazione Coscioni, mentre la maggioranza ha preferito non decidere e mettere la testa sotto la sabbia, impedendo alle persone che si trovano in gravissime e irreversibili condizioni di salute di poter accedere al diritto di autodeterminarsi verso il fine vita. Una scelta che smentisce anche le stesse dichiarazioni del presidente di Regione Lombardia che aveva raccomandato, su questi temi, la massima libertà di coscienza da parte dei consiglieri che invece hanno deciso di non entrare nel merito, per evitare problemi e divisioni, affermando la non competenza del Consiglio regionale”.
“La Regione Lombardia, invece, avendo in carico la gestione della sanità, ha tutta la competenza necessaria per regolare quanto la Consulta ha definito in due diversi pronunciamenti– sottolinea Astuti -. È la stessa Corte a stabilire che tocca al servizio sanitario nazionale garantire alle persone con condizioni molto ben definite e circoscritte di poter accedere al suicidio medicalmente assistito. Quindi tocca a chi gestisce la sanità e, quindi, alle Regioni. Si parla tanto di autonomia, ma proprio quando Regione Lombardia ha delle competenze da esprimere, ecco che mette la testa sotto la sabbia”.
“Non ci sfugge la grande delicatezza di questo tema – aggiunge il consigliere dem – sicuramente discusso anche in seno alla stessa Consulta, ed è anche per questo che abbiamo voluto provare a introdurre ulteriori garanzie, attraverso i nostri emendamenti, purtroppo respinti da una maggioranza che non ha voluto entrare nel merito di quanto affermato dalla Consulta. Vale la pena ricordare che nella nostra regione ci sono stati già dieci casi di questo tipo, affrontati dagli stessi pazienti e dalle strutture sanitarie senza alcun quadro di riferimento”.
“Non ci resta che augurarci che, nel frattempo, la maggioranza decida di assumere una posizione differente trovando finalmente il coraggio di entrare nel merito di questo tema tanto delicato” conclude Astuti.