Washington, 17 apr. (TMNews) – Una inflazione sempre più aggressiva rischia di “mettere a repentaglio gli obiettivi di riduzione della povertà”. A Washington, nell’ultima giornata di lavori alle assemblee primaverili di Fondo monetario internazionale e Banca mondiale, l’attenzione volge sui paesi in via di sviluppo e sulla vaste sacche di povertà che continuano a registrarsi nel pianeta. Alcune dinamiche degli ultimi anni appaiono incoraggianti, proprio in questi giorni la World Bank ha rilevato che due paesi in via di sviluppo su tre sono sulla giusta traiettoria per centrare gli obiettivi di riduzione della povertà estrema.
A livello globale le persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno dovrebbero calare a 883 milioni nel 2015, da 1 miliardo 4 milioni del 2005 e 1 miliardo e 800 milioni del 1990. Tuttavia questi progressi sono prevalentemente dovuti alle forti performance economiche di Cina e India, due nuovi pesi massimi dell’economia globale che sono anche i due paesi più popolosi della terra, ma altrove, in particolare nella poverissima Africa molti Stati sono in ritardo su questo sentiero. Secondo il presidente della World Bank, Robert Zoellick rispetto allo scorso anno si contano 44 milioni di poveri in più nel mondo a causa dell’inflazione.
A più riprese durante questi summit è stato ripetuto che la ripresa economica globale si sta “rafforzando e ampliando”. Ma al tempo stesso stanno aumentando i rischi di “surriscaldamento”, in particolare in quei giganti emergenti che sono locomotive della ripresa. Uno dei segnali più evidenti di questo surriscaldamento è nell’inflazione. Che in più, quando coinvolge i prezzi alimentari “rischia di avere impatti sulle popolazioni più vulnerabili”, ha avvertito il Comitato sullo Sviluppo congiunto tra Fmi e World Bank. Al tempo stesso il caro vita “mette a repentaglio gli obiettivi di riduzione della povertà”.
Le assemblee di Washington si sono aperte mentre da tutto il mondo giungevano segnali preoccupanti sul caro vita, che rafforzandosi ha già da mesi innescato una serie di manovre di inasprimento da parte delle banche centrali dei paesi emergenti, alle quali più di recente si aggiunge anche la Bce che ha alzati i tassi di interesse nell’area euro all’1,25 per cento. Nel’area valutaria l’inflazione è salita al 2,7 per cento, mentre in Cina già galoppa al 5,7 per cento, massimo da tre anni. Anche negli Usa l’inflazione, dopo nove mesi consecutivi di rialzi, ha raggiunto il 2,7 per cento. Ed è un tema particolarmente sentito proprio nella Washington dove si trovano le sedi di Fmi e World Bank: è tra le prime metropoli Usa dove il gallone (3,78 litri) di benzina ha già raggiunto la soglia psicologica di 4 dollari.
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