Washington, 9 ott. (Apcom) – Sono tornati i ‘bankers’ agli incontri annuali del Fondo Monetario Internazionale. E il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, intervenuto a una conferenza stampa dopo la conclusione del vertice G7, lo interpreta come il segnale di qualcosa di non risolto nella crisi, che forse poteva essere gestito diversamente. “Non sto parlando – puntualizza – dei banchieri italiani. Però i bankers sono tornati. Due anni fa non c’erano bankers, l’anno scorso avevano un basso profilo, quest’anno le grandi banche d’affari sono tornate. E quindi hanno preso alberghi costosi offrono le cene e i ricevimenti più fantastici, champagne e questo vorrà dire qualcosa”.
Cosa annuncia la presenza dei bankers? Tremonti non ha alcun dubbio: “La speculazione è tornata a piede libero, i deriviati sono tornati allo stesso livello di prima della crisi, i bonus sono uguali a prima della crisi forse di più. Vuol dire che i problemi sono rimasti. Dopo la polvere del crollo si è verificato che da molte parti è stato fatto molto e bene, tuttavia – aggiunge il ministro – questi due tre anni ci indicano due cose.
Primo: che troppo si è confuso tra ciclo economico e crisi, con la retorica che c’è poi stata sugli stimoli, una parola che tra l’altro fa ridere. L’altro punto è che nel gestire la crisi scambiandola per ciclo, si è fatta la scelta di salvare la speculazione. Siccome le banche sono sistemiche si è fatta la scelta di salvare anche la speculazione e così non era stato nel 1929. Son due anni che lo dico. Nel 1929 – conclude Tremonti – i soldi pubblici furono utilizzati per salvare le imprese e le famiglie e non le banche”.
Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo poco dopo commenta così lo stesso tema condividendo la distinzione operata dal ministro. “Le banche italiane non hanno dovuto chiedere soldi
né al pubblico né al privato per attraversare la crisi e quindi
fa molto bene chi distingue fra banchieri e banchieri”.
Uno spunto sul quale interviene anche Andrea Beltratti,
presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo. Per
sottolineare che “le cause della crisi sono comunque più legate
agli squilibri macroeconomici che agli intermediari finanziari.
Alcuni intermediari – spiega Beltratti – hanno contribuito,
magari con un credito troppo facile o magari con prodotti troppo
complicati e questo ha propagato la crisi e l’ha amplificata a
livello internazionale. Ma ciò non toglie che le banche siano
aziende e che molto di loro, specie quelle commerciali, vivano
con l’economia reale e prosperino nel lungo periodo se l’economia reale migliora: da questo punto di vista credo che sia sbagliata l’antitesi tra banche e imprese”.
La cautela è comunque d’obbligo. Corrado Passera sottolinea che “ci sono ancora dei presupposti della crisi che non sono scomparsi: questa enorme quantità di liquidità che gira nel mondo, insieme ai tassi molto bassi sono sicuramente elementi che possono causare situazioni di bolle come ci sono state alcuni anni fa. Ma mi sembra – conclude il numero uno di Intesa Sanpaolo – che alcune lezioni siano state imparate e che anche nel comportamento dei supervisori e degli operatori ci sia molta maggiore attenzione al governo dei rischi e a quell’insieme di cose (liquidità, leverage, profilo patrimoniale) che sono state acquisite. Certo bisogna vigilare e adottare le regole giuste per non favorirne la ricreazione”. Un compito sul quale stanno lavorando le istituzioni internazionali tutte riunite qui a Washington.
BOL
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