VARESE Il sindaco Piergiulio Gelosa è impegnato da due giorni a far cose che si sarebbe volentieri risparmiato: da un lato risponde a radio, tivù e taccuini e dall’altro riceve valanghe di telefonate da cittadini preoccupati. Anzi, impauriti. «Ed è imbarazzante che io sia costretto a dire “non so niente, se non dai giornali”». Siamo a Lonate Pozzolo perché è a Lonate che tutti guardano per ricavare un migliaio di posti circa per accogliere i profughi (da distinguere dai clandestini) provenienti dalla Libia: 50mila,
nell’ipotesi peggiore, da distribuire in tutte le regioni, Abruzzo escluso. Ieri il Viminale ha lasciato alle regioni, dopo un vertice a Palazzo Chigi, il compito d’indicare i luoghi da rendere disponibili, nell’ambito di un piano nazionale basato sul rapporto tra numero di profughi e numero di residenti. E il presidente Roberto Formigoni è andato oltre, facendo la sostanziale fotografia del “Campo della Promessa”: «Ritengo che piuttosto che individuare siti all’interno delle città, l’eventuale individuazione di un sito che è in un’area isolata, già appartenente al demanio militare, che può essere allestito in pochissimo tempo, presenterebbe alcuni vantaggi» ha risposto ad esplicita domanda. Certo seguiranno valutazioni, ma suona come un via libera a tende e stranieri, e quindi un allarme rosso per chi in questa zona ci vive. Ma Gelosa, così come i consiglieri regionali varesini in un coro bipartisan, frena e allarga le braccia: «Tutte le sfortune le abbiamo già vissute, ci mancava solo questa».
Tra la sua gente, dice, «i commenti più generosi raccolti anche dai media in queste ore sull’ipotesi di accogliere i profughi sono stati simili a quello di Bossi». Ma non è solo il timore dei lonatesi il problema: «Lo sono la rapidità di comunicazione che possiamo offrire e la vicinanza a Malpensa. Pensi che solo quindici giorni fa uno ha sfondato la vetrata dell’aereoporto, che è una zona sensibile, con un’auto. Chi potrebbe fermare gli stranieri se volessero farsi una passeggiata fin là per prendersi un po’ d’aria condizionata?». E poi «l’allestimento andrà fatto in tempi celeri e qui non mi pare ci siano i margini, mancano la recinzione e i servizi igienici».
Meglio, suggerisce, qualche ex caserma disseminata nella grande Lombardia: «Io da persona responsabile sollevo i problemi che ci sono e che tutti hanno registrato. Poi, se si deciderà altrimenti, qualcuno se ne assumerà le responsabilità». Anche nei confronti degli investimenti che tutti auspicano su Malpensa e il suo potenziale occupazionale, ma che sarà difficile giustificare se «con la mano destra si presenteranno le azioni in borsa e con la sinistra si mostrerà un campo profughi». «In queste condizioni, se fossi un investitore ci penseri due volte» aggiunge il primo cittadino, che attende d’essere coinvolto in qualche modo. Anche perché, sebbene tutti in queste ore parlino di condivisione, «io fino ad oggi sono stato coinvolto solo dalla stampa», ammette.
Discorso chiuso? Decisione presa? «No, a Lonate non è possibile gravare una popolazione che già porta il peso di un aeroporto. Non si può chiedere un ulteriore sacrificio a chi potrebbe dover sopportare quello della terza pista» prende posizione il segretario provinciale e consigliere regionale del Pdl, Rienzo Azzi che preannuncia la volontà di dare un segnale forte e bipartisan al Governatore: «La provincia di Varese in quanto ad accoglienza ha già dato – rimarca il consigliere regionale del Carroccio, Giangiacomo Longoni, che chiede di cercare altre soluzioni – Sento la preoccupazione dei nostri cittadini».
s.bartolini
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