Parigi, 17 mar. (Ap-Apcom) – Solo il voto del parlamento, atteso
per oggi, separa oramai la Francia dal ritorno nel comando
militare integrato della Nato. A 43 anni dalla clamorosa
decisione di Charles de Gaulle di uscire dall’Alleanza atlantica,
il governo francese ha deciso di porre il voto di fiducia. Ma il
dibattito sulla politica estera del paese si annuncia tranquillo
per il primo ministro Francois Fillon, che può contare sulla
maggioranza netta di cui dispone l’Ump in parlamento, nonostante
le critiche espresse dai socialisti per “l’atlantismo” di Nicolas
Sarkozy. E non è un caso che l’ex premier Lionel Jospin, che
parteciperà per la prima volta dal 2002 alla riunione settimanale
del PS, abbia convocato una conferenza stampa in parlamento, alla
quale parteciperanno anche Laurent Fabius e l’attuale segretario
del partito, Martine Aubry.
Membro fondatore della Nato, nel 1949, la Francia non è mai
uscita ufficialmente dall’Alleanza ed oggi rappresenta il quarto
paese contributore in fatto di bilancio e impegno militare. Dal
1995, migliaia di soldati francesi sono infatti impegnati nelle
tre grandi operazioni condotte dall’organizzazione
transatlantica, in Bosnia, in Kosovo e in Afghanistan. Nel 1966
tuttavia, il generale Charles de Gaulle decise di sbattere la
porta in faccia al comando integrato, in nome della tutela della
sovranità della Francia in fatto di politica estera e in un
periodo in cui Parigi sviluppava il suo programma nucleare. Il
quartier generale fu trasferito dalla capitale francese a
Bruxelles nell’ottobre del 1967.
Adesso, però, il presidente Sarkozy ha deciso che è arrivato il
momento di un ritorno a pieno titolo della Francia nel comando
integrato dell’Alleanza. Lo aveva annunciato da mesi, e pochi
giorni fa lo ha giustificato spiegando che il ritorno di Parigi
“favorisce l’indipendenza nazionale, mentre un allontanamento
proclamato ma mai realizzato la limita”. Tra l’opportunità di
“co-dirigere” e la possibilità di “subire”, il presidente ha
scelto la prima, “perché gli assenti hanno sempre torto”.
“Vogliamo che la Francia abbia tutto il peso che le spetta nella
riforma dell’Alleanza: diciamo che la Nato è dominata dagli Stati
Uniti”, ma come si può pretendere che l’Europa abbia una voce
forte all’interno dell’organizzazione “se la Francia non vi
partecipa?”, ha affermato Sarkozy.
L’obiettivo è quello di arrivare “alla testa della Nato” in tre
anni. E Parigi, su questo, avrebbe anche ricevuto delle
“garanzie”. Secondo indiscrezioni, la Francia avrebbe ottenuto
uno dei due comandi strategici dell’Alleanza, “il Comando alleato
per la trasformazione”, che ha sede a Norfolk, e quello di
Lisbona, competente per l’Atlantico, l’Africa e la forza di
reazione rapida.
Di certo, si tratta di una questione delicata, che ha provocato
un vivo dibattito in Francia non soltanto tra le fila
dell’opposizione ma anche tra esponenti della coalizione di
governo. L’ala più fedele al ‘gollismo’, che fa capo all’ex
presidente Jacques Chirac e all’ex premier Dominique de Villepin,
resta fortemente contraria all’abbandono della ‘eccezione
francese’. Non potendo rifiutare la fiducia all’esecutivo, ha
spiegato il deputato Jean-Pierre Grand, non saranno pochi gli
esponenti dell’Ump – il partito di maggioranza – che diserteranno
il voto.
Il dibattito sarà aperto da Fillon alle 16.15. I quattro gruppi
politici presenti in parlamento avranno a disposizione 30 minuti
ciascuno per esporre i propri argomenti: i principali oratori
saranno Jean-Francois Copé (Ump), Laurent Fabius (Ps), Jean-Paul
Lecoq (comunisti, Pcf) e Francois Sauvadet (Nuovo centro).
Avranno la parola anche alcuni esponenti “dissidenti” della
maggioranza mentre non è previsto un intervento di Francois
Bayrou, il centrista del MoD feroce oppositore dell’ingresso
della Francia nella Nato. Il risultato del voto è previsto
intorno alle 20.30.
Secondo quanto si è appreso, Fillon dovrebbe spiegare che
ritornando nel comando integrato della Nato la Francia sarà “più
forte e più influente” e potrà pesare sugli orientamenti di
un’Alleanza “più europea”. D’altra parte, Parigi potrà ancora
rifiutarsi di partecipare a operazioni decise dalla Nato,
mantenendo la propria indipendenza decisionale; sarà senz’altro
di nuovo citato il caso della Germania, membro della Nato che nel
2003 si oppose alla guerra in Iraq.
Chi si oppone alla decisione denuncia “un allineamento” della
Francia alla posizione degli Stati Uniti e “una rottura” delle
linee guida della diplomazia francese da De Gaulle in poi. “Il
rischio che si corre è quello di un ridimensionamento delle
nostre ambizioni e di una banalizzazione della voce della
Francia”, ha detto Dominique de Villepin in un’intervista a Le
Monde.
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