BERNA – La differenza di potere d’acquisto tra il franco svizzero e l’euro resta marcata. Lo certifica il Big Mac Index, l’indicatore ideato dal quotidiano economico britannico The Economist nel 1986 e che si basa su metro di giudizio tanto semplice quanto geniale: il prezzo del più celebre panino venduto in tutto il mondo dai ristoranti della catena McDonald’s. Lo riporta oggi il quotidiano Corriere del Ticino.
Si parte dal presupposto che il Big Mac è sempre lo stesso in tutto il pianeta ma il costo del panino è differente, perché ogni singola realtà ha un potere d’acquisto che muta. Sono svariati i fattori che ne influenzano il prezzo: il costo della vita, l’inflazione, i tassi di cambio e così via. L’indice mostra le sopravvalutazioni e le sottovalutazioni delle valute nazionali (o transnazionali). La nazione dove il Big Mac costa di più è la Svizzera,
dove si pagano 6,71 dollari (6,31 franchi svizzeri) per un panino. Segue la Norvegia con 6,26 dollari, quindi l’Uruguay (6,08 dollari), la Svezia (5,59 dollari), il Canada (5,25 dollari) e quindi gli Stati Uniti d’America a 5,15 dollari. Nella maggior parte dei paesi della zona Euro (Italia, Francia e Germania compresi) il panino costa 4,77 dollari. In fondo alla lista, che raccoglie 78 nazioni in giro per il mondo, troviamo Sudafrica (2,34 dollari), Romania (2,28 dollari) e Venezuela (1,76 dollari). Se prendiamo il costo del Big Mac come punto di partenza, vediamo che il potere d’acquisto del dollaro statunitense è più alto in quasi tutto il mondo rispetto a quei pochissimi Paesi che si trovano alle prime posizioni dell’indice.
La differenza tra Svizzera e Usa è del 30,33%. Se allarghiamo di più la prospettiva, ecco che il Big Mac Index scatta una fotografia del contesto elvetico, con un costo del lavoro più elevato rispetto ad altri paesi combinato con un potere d’acquisto relativamente inferiore, attribuibile alla forza del franco svizzero. Non bisogna poi dimenticare altri fattori come il costo delle materie prime importate, la tassazione e così via.
Ma l’economia svizzera rallenta
L’economia svizzera ha rallentato sensibilmente alla fine del 2022, finendo in stagnazione: il prodotto interno lordo è rimasto infatti fermo (0,0%) rispetto ai tre mesi prima, a fronte di una crescita dello 0,2% nel terzo trimestre e dello 0,3% che aveva caratterizzato i primi due trimestri dell’anno. Ha pesato il difficile contesto internazionale, che ha frenato l’industria manifatturiera e le esportazioni, mentre la domanda interna è rimasta solida, ha indicato oggi la Segreteria di Stato dell’economia (Seco). Per l’insieme del 2022 la progressione del Pil si è attestata al +2,1%, un dato da mettere in confronto al +4,2% dei dodici mesi precedenti, quando vi era stato un rimbalzo dopo il primo anno pandemico.