Frank: «Siamo una cosa sola» Ma Avellino gli fa ponti d’oro

Non c’è stato nemmeno il tempo di dirsi ciao, dopo quella sera in cui tutto è successo troppo in fretta. Crudeltà dello sport, che ti obbliga a fare qualcosa che a noi uomini non riesce mai: passare nel giro di un attimo dalla possibilità di stare assieme un altro mese alla necessità di salutarsi in fretta e furia.

Siamo rimasti con quella voce rotta dalla commozione, parole che restavano in gola: delusione per quello che avrebbe potuto essere e invece non sarà, dispiacere per un gruppo speciale che si era appena rotto. Frank Vitucci vuole ripartire da un saluto inaspettato, da una festa di piazza che ha stupito pure lui, dal bagno di folla di lunedì. «Sembrava che avessimo vinto – dice il coach – la gente ci festeggiava anche se da festeggiare non c’era proprio nulla».

Giusto ripartire da quel boato, da quella dichiarazione d’amore spontanea e per nulla scontata. «In quella piazza – continua Frank – è successo qualcosa di incredibile, che ci ha spiazzati tutti quanti: un’accoglienza particolare, un saluto bellissimo. Chissà cosa sarebbe successo se avessimo vinto».

Logico che un forestiero come lui, uno venuto da fuori, resti stupito da Varese: Frank, la città voleva solo ringraziare. «Vero: evidentemente tutti quanti hanno capito che questa squadra ha fatto qualcosa di speciale. Ha regalato emozioni e ha fatto tutto quello che era in grado di fare, senza mai tirarsi indietro: e soprattutto ha sempre avuto un grande rispetto per la maglia che ha indossato. Ecco: la gente l’ha capito, e allora forse si spiega quel grazie gridato così forte».

Non si è vinto nulla. Eppure la gente ha trovato il modo di festeggiare: «Ed è questo che mi ha sorpreso ed emozionato: siamo stati festeggiati come se avessimo vinto, nonostante sia finita male. Siamo stati festeggiati lunedì in piazza, ma anche venerdì sera dopo la partita: un sacco di gente ci ha aspettato fuori dal palazzetto per applaudirci. Io dicevo “Ma non abbiamo mica vinto noi” e loro rispondevano “Chissenefrega è come se avessimo vinto”».

Questa è Varese, Frank: «Già: peccato solo per quel minuto finale quando si è andati oltre. Quel lancio di oggetti in campo purtroppo è una macchia che avremmo potuto evitare, e ora Varese dovrà lavorare molto e bene per scollarsi di dosso l’etichetta che tutti le hanno appiccicato dopo quella partita».

Torniamoci, su quella partita. E soprattutto torniamo sul rimpianto più grande: l’infortunio di Dunston. Tutti quanti sono concordi: con lui sarebbe stata un’altra storia. «E devo dire che sono d’accordo anch’io: del resto anche il mio collega Banchi lo ha ammesso subito con grande sportività. Con lui in campo, sarebbe cambiato davvero parecchio».

Eh: che sfiga però. «Questo è lo sport, c’è poco da dire: bisogna avere la forza di accettare anche le cose che non vanno come si spera che vadano. A volte, come in questo caso, è dura: però bisogna essere forti anche in questo».

Parlare di futuro sarebbe scorretto, se non fosse che il domani di Vitucci è tornato prepotente d’attualità: Avellino ha messo sul tavolo una di quelle offerte che non si possono rifiutare, e adesso Frank deve decidere. «Le cose – dice – sono abbastanza chiare, non c’è nulla da nascondere. Io a Varese sono stato benissimo, come sportivo e come uomo: ed è normale che il desiderio sia quello di continuare qui. Ora si tratta di capire quali sono le intenzioni della società,

quali siano le loro idee per il futuro». Perché non c’è nulla di scontato: «È successo che in questa stagione abbiamo bruciato le tappe, perché questo risultato non era certo nelle previsioni: pensavamo di arrivare a questi livelli passo dopo passo, in più anni. Non subito. E questa è una cosa su cui dobbiamo riflettere». Quindi: «Domani ci parleremo: se le idee e i progetti saranno comuni, non ci saranno problemi a continuare insieme».

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