È nel suo clou la settimana delle celebrazioni bostesi intorno al Beato . Sono arrivati da Praga, dal convento di Santa Maria della Neve, e rimarranno a Varese sino a domenica, padre e padre , testimonianze viventi della comunità francescana presso cui avvenne, il 15 febbraio 1611, l’eccidio dei 14 frati che subirono con il martirio per mano protestante l’appartenenza al cattolicesimo negli anni bui delle guerre di religione, e che furono beatificati nell’ottobre 2012 nella Cattedrale della capitale boema.
Fra i quattro religiosi lombardi periti nel terrificante eccidio emerge Gaspare Daverio, di 27 anni, nativo di Bosto, nato nel 1584 e ordinato suddiacono nel 1610. Questo il racconto portato dai religiosi praghesi giovedì mattina a Palazzo Estense al sindaco e all’assessore ai rioni , che hanno accolto la delegazione guidata da , promotore delle ricerche avviate in quel di Bosto negli ultimi mesi intorno alla figura del povero discepolo del santo di Assisi.
Quattro giovani lombardi
Boemia, Slesia e Moravia si costituirono in provincia autonoma nel 1451 sotto la spinta della riforma francescana dell’Osservanza di San Bernardino da Siena: ne divenne responsabile un frate al seguito di San Giovanni da Capestrano, il beato , all’epoca noto come l’uomo più colto in assoluto di Varese, nativo di Bosto e prozio di Gaspare. Nel ‘600 arrivarono in Boemia i frati Riformati, missionari dall’Italia, e a Praga si trovarono, all’inizio del XVII secolo, quattro giovani religiosi italiani, tutti lombardi: erano presenti, oltre a fra Gaspare, il diacono milanese , Padre di Ponte San Pietro (BG) e fra di Monpiano (BS), ma solo del Daverio è stato possibile risalire all’atto di battesimo conservato in San Vittore e mostrato da monsignor Panighetti venerdì mattina alla delegazione praghese.
La reliquia
Padre Petr e padre Elias sono accompagnati da un’artista ed insegnante universitaria, , che ha creato nel 2012 un prezioso reliquiario a forma di stella, le cui 14 punte rappresentano ciascuna uno dei poveri frati, tutti giovani tranne uno, il cuoco settantenne. In ogni punta è incastonata da un lato una reliquia tratta da un cranio, dall’altro una pietra di un edificio sacro legato all’origine di ogni beato: Bosto è rappresentata da un tassello del sarcofago di sant’Imerio; lo stelo è realizzato in pietra d’Assisi, ad identificare il francescanesimo.
Il grande impegno nella ricerca di dati ed informazioni ma anche nella messa a punto di relazioni fra luoghi e comunità pastorali di Enrico Marocchi, nonché , coadiuvati da don , si innesta sul fondamentale contributo di
che, giunto in possesso in maniera rocambolesca di una reliquia del beato Daverio, arriva a contattare tramite il consolato di Milano il convento di Santa Maria della Neve: da qui origina il gemellaggio con Bosto e scaturiscono i contatti con le altre comunità lombarde protagoniste della storia, che giovedì pomeriggio si suggellano con una concelebrazione, frati cechi compresi, in quel di Monpiano.
Una settimana intensa, che culminerà con il fine settimana dedicato all’esposizione della reliquia in sant’Imerio, la presentazione – sabato, ore 16, chiesa dei frati cappuccini di viale Borri – del libro di Santo Cassani ed Enrico Marocchi “Bosto, un lungo cammino di fede” (che delinea il legame incredibile fra Bosto e Boemia), la presentazione dell’icona dedicata al Beato Gaspare Daverio del pittore e la processione con la reliquia dall’antica chiesa sotto la presidenza di monsignor , il quale concelebrerà la Messa solenne di una giornata di festa grande per la comunità, e anche per Varese.